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462 | don chisciotte |
era bramosa di mandare ad effetto quest’opera che a me pare ottima quanta da te, o caro padre, è tenuta per trista„.
“Così si sfogava senza che il genitore potesse più udirla, e già era sparito dagli occhi nostri. Consolando io allora Zoraida, ci applicammo al viaggio intrapreso, cui dava ogni favore un prospero vento, di maniera che si tenne per certo da noi di trovarci nella mattina del giorno seguente alle spiaggie di Spagna. Siccome di rado o non mai interviene che il bene sia disgiunto da qualche male che lo turba e sconvolge, così vollero o la nostra cattiva sorte, o forse le maledizioni scagliate dal Moro contro sua figlia (chè sempre debbono temersi qualunque sia il padre che le proferisca) vollero, dico, che trovandoci già nell’alto, ed essendo ormai scorse tre ore della notte, viaggiando a vele spiegate e coi remi legati, mercè la felicità del vento che risparmiava la fatica di adoperarli, scorgemmo al chiarore della luna presso di noi un vascello che a piene vele, tenendo un poco a forza il timone, ci si attraversava dinanzi, ed era così vicino che ci obbligò ad ammainare per non investirlo; ed esso per egual modo fece forza col timone per lasciarci liberamente passare.
“Eransi i navigatori posti a bordo del vascello per domandar chi fossimo, e dove eravamo diretti, e da qual parte venivamo; ed essendoci fatte queste dimande in lingua francese, disse il nostro rinnegato: “Nessuno risponda perchè questi certamente sono corsari francesi e di quelli che ne fanno quante mai possono„. Per questo avvertimento nessuno fiatò, ed essendo passato un poco avanti il vascello, in modo ch’era rimasto sottovento, spararono d’improvviso due pezzi di artiglieria, amendue, io credo, con palle incatenate, poichè una troncò il nostro albero per mezzo precipitandolo in mare unitamente alla vela; e immediatamente dopo una palla venne a colpire a mezzo la nostra barca, di modo che tutta la sgominò senza però uccidere alcuno. Vedendo noi che a poco a poco andavamo calando a fondo cominciammo a domandare soccorso con alte grida, ed a pregare quei del vascello che ci accogliessero a fine di non restar annegati. Ammainarono tosto, e gittando in mare lo schifo vi entrarono dentro dodici Francesi, bene armati con archibugio e con corde accese, e in tal guisa giunsero alla nostra barca, dove scorgendo il picciol numero che noi eravamo e l’immediato pericolo di annegarci, ci accolsero, dichiarando che quanto ci era avvenuto traeva sua origine dalla scortesia di non aver data loro alcuna risposta. Il nostro rinnegato prese il forziere in cui stavano riposte le ricchezze di Zoraida, e lo gittò in mare senz’essere osservato da alcuno. In fine passammo tutti