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capitolo xl. | 443 |
ciocchè la libertà ricuperata ed il timore di perderla nuovamente, cancellava a tutti dalla memoria qualsivoglia grande obbligo. E raccontò in prova un caso recente stranissimo, dicendo in conclusione che il danaro disposto pel riscatto del Cristiano dovesse darsi a lui per comperare una barca in Algeri, ciò ch’egli effettuerebbe fingendo di essere mercatante che avesse affari in Tetuano e in quella costa, dopo di che troverebbe agevolmente modo di farci fuggire tutti dal bagno e di prenderci tutti con lui1. Oltre di che disse, se la Mora, come faceva credere, somministrerà il contante pel riscatto di tutti, allora essendo voi liberi potrete imbarcarvi anche di bel mezzogiorno; ed aggiunse la maggiore difficoltà che gli si parava dinanzi essere quella, che i Mori vietano ai rinnegati il posseder barche qualora non sia un gran vascello, temendo che quello che ne fa l’acquisto (s’è Spagnuolo singolarmente) nol faccia per altro che per rifuggirsi in terre cristiane. Ci assicurò nondimeno che toglierebbe anche quest’inciampo, facendo che un Moro di Tenger partecipasse con lui nell’interesse della barca e nel guadagno delle mercatanzie, e con questo ripiego verrebbe ad essere padrone della barca, lo che riuscendogli assicurava dell’esito il più fortunato nell’impresa.
“Benchè a me ed a’ compagni miei paresse miglior partito quello d’inviare a Majorica per la compera di essa barca, come consigliato aveva la Mora, non abbiamo nulla ostante osato di contraddirgli, temendo che una nostra opposizione non ci scoprisse, e ci mettesse a pericolo di perderci affatto, rendendo anche palese quanto aveva fatto Zoraida per la quale avremmo tutti dato la vita. Ci determinammo perciò di metterci nelle mani di Dio ed in quelle del rinnegato, rispondendo in quello stesso momento a Zoraida che avremmo seguito il suo consiglio avendolo considerato sì buono come se le fosse venuto da Lela Marien, e che dipendeva da lei sola il ritardo o la celerità dell’esecuzione del nostro tentativo. Mi offersi nuovamente di esserle sposo; e dopo tutto questo un altro giorno in cui era nel bagno l’usata solitudine, in più riprese col mezzo della canna e del pannilino ci fece essa arrivare duemila scudi in oro ed una lettera in cui diceva che al primo sciuma (che è il giorno di venerdì) sarebbesi recata al giardino di suo padre, e che innanzi alla nostra fuga ci avrebbe somministrati altri danari; aggiungendo che se non bastassero ancora, glielo facessimo sapere che essa ci avrebbe forniti di quanto le avessimo chiesto, come colei che teneva la chiave del tesoro di suo padre, sì grande che, per quanto ella ne levasse, non sarebbe mai possibile avvedersene. Ebbe
- ↑ Tutte queste sono allusioni ai casi veri del Cervantes.