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citano solamente col corpo, come se fossero esercizio da facchini alle quali basti esser dotato di gran vigoria, e come se non provasse angustie infinite l’animo del guerriero che trovasi alla testa di un esercito o difende un’assediata città collo spirito non meno che col corpo. Ed in fatti riflettasi che con le sole forze materiali non è possibile giungere a conoscere o congetturare i divisamenti dell’inimico, i suoi disegni, gli stratagemmi, le difficoltà, o premunirsi contro i temuti danni; cose tutte proprie unicamente dell’intelletto, e nelle quali non può punto nè poco parte veruna del corpo. Ora se le armi vogliono l’opera dello spirito come le lettere, vediamo presentemente quale dei due spiriti soffra maggiore travaglio, se quello del letterato o quello del guerriero. Ciò risulterà ad evidenza quando si ponga mente agli effetti ed al fine a cui ognuno di loro s’incammina; perchè quello scopo è certo da tenersi in maggior conto che volto è a fine più nobile e più cospicuo. La mira cui tendono le umane lettere (non intendo di parlare ora delle divine, il cui oggetto è quello di condurre le anime al cielo; chè ad un fine sì augusto nessun altro può andare del pari) è la retta amministrazione della giustizia distributiva, il dare il suo a ciascheduno, il prestarsi colla più grande premura e diligenza affinchè sieno eseguite a dovere le buone leggi: assunti a vero dire grandi, nobili e degni di essere celebrati altamente1. Non sono però oggetti di quella celebrità che merita l’esercizio delle armi; le quali hanno per iscopo e per fine la pace, ch’è il maggior bene che possa essere dagli uomini desiderato nella presente vita. Ed in fatti le prime felici novelle diffuse per lo mondo e ricevute da tutti gli uomini, furono quelle che recarono gli angeli nella notte della natività, quando cantavano dall’alto delle sfere: “Sia gloria nei cieli e pace nella terra agli uomini di buona volontà:„ ed il saluto che insegnò il migliore maestro del cielo e del mondo ai suoi diletti e colleghi fu che all’entrare in qualche abitazione dicessero: “Sia pace in questa casa;„ e molte altre forme insegnò loro, come: “Vi do la mia pace; vi lascio la mia pace; sia la pace con voi;„ come il miglior tesoro che da così gran mano potesse donarsi; gioiello senza il quale non si può godere di alcuna felicità in terra nè in cielo. Questa pace è il vero fine della guerra; poichè arme e guerra sono una medesima cosa. Posta la verità che la pace dia fine alla guerra, e che prevale per sì augusto titolo all’oggetto cui mirano le lettere, passiamo ora al confronto delle fatiche materiali che stanno a carico dell’uomo di

  1. Apparisce di qui che il Cervantes sotto il nome di letterati intendeva gli uomini consacrati alla magistratura.