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398 | don chisciotte |
il nobile ed illustre vostro cuore, e conoscerà il mondo che la ragione prevale in voi ad ogni passione„.
Frattanto che parlava a questa maniera, Cardenio, benchè tenesse abbracciata Lucinda, non perdea di vista don Fernando, deliberato se mai facesse qualche moto in suo pregiudizio, di difendersi e di offendere anche quei tutti che se gli palesassero nemici a costo della propria vita. In questo mentre gli amici di don Fernando, il curato e il barbiere che furono presenti ad ogni cosa, intervennero a rendere la scena più grave, nè vi mancò quel buon uomo di Sancio Panza. Si fecero tutti attorno a don Fernando supplicandolo di avere compassione alle lagrime di Dorotea, e che vero essendo (come non dubitavano) ciò che da lei era stato esposto, non la lasciasse delusa nelle sue giuste speranze. Gl’insinuarono di considerare che non già per caso, siccome parea, ma per disposizione particolare del cielo trovaronsi uniti tutti dove meno potevano pensarlo; tenesse per fermo che la morte sola avrebbe potuto dividere Lucinda da Cardenio, e che se pure li separasse il filo di una tagliente spada, eglino avrebbero per felicissima la loro morte. Soggiunse il curato che negl’irrimediabili eventi era proprio dell’uom saggio, sforzando e vincendo sè stesso, spiegare un generoso cuore e concorrere per quanto stesse da lui a far sì che potessero due sposi goder di quel bene che veniva loro impartito dal cielo. Considerasse la bellezza di Dorotea cui poche o nessuna potevano agguagliarsi; riflettesse alla sua umiliazione ed all’estremo amore che gli portava; e sopra ogni altra cosa badasse che vantandosi cavaliere e cristiano, doveva innanzi tutto mantenere a lei la parola; e che ciò eseguendo servirebbe al dovere verso Dio, e n’avrebbe la piena approvazione dalle genti dabbene, le quali conoscono e sanno ch’è prerogativa della bellezza, benchè sia collocata in bassa persona (quando però abbia per compagna la onestà) di poter sollevarsi e compararsi a qualunque altezza, senza nota di biasimo in chi la solleva e la adegua a sè; e che non può ascriversi a colpa il seguire le proprie inclinazioni quando si compiano senza offesa del cielo. Aggiunse a queste tante e tali altre ragioni che il cuore di don Fernando, derivato veramente da nobile sangue, si piegò e si lasciò vincere dalla forza della verità, la cui luce tutto lo veniva occupando: e la prova che diede di essersi arreso e di avere accettato il proposto consiglio si fu il chinarsi, l’abbracciar Dorotea e prorompere in queste parole: “Alzatevi, signora mia, chè non è dovere che stiasi prostesa ai miei piedi quella che dee stare scolpita nel mio cuore; e se non vi ho provata finora la verità dei miei detti, ciò forse avvenne per