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capitolo xxxvi. 393

che li seguitassimo sino in Andalusia coll’offerta di darci un buon pagamento. — Nè avete inteso il nome di alcuno di essi? domandò il curato. — No, certamente, rispose il giovane, perchè marciano tutti sì taciturni ch’è uno stupore; nè si ode mai fra loro altro che sospiri e singhiozzi della povera signora, sì dirotti che movono tutti noi a gran compassione. Noi crediamo senz’altro che dovunque la menino vi sia condotta per forza, ed a quanto apparisce dal suo vestito, essa è monaca, o sta per entrare in un monastero, il che è forse più probabile: ma perchè forse il ritiro non le andrà a sangue, verrà di qui tanta sua disperazione. — Tutto questo può darsi, disse il curato:„ e lasciandoli tornò a Dorotea, la quale avendo intesi i sospiri della signora velata, mossa naturalmente a compassione se le accostò e le disse: — Che male vi sentite, signora mia? S’egli fosse mai della natura di quelli che possono per uso e sperienza di donne essere curati, io mi offro ben volentieri ad assistervi„. Taceva costantemente la sconsolata donna, e benchè Dorotea le reiterasse le offerte, proseguiva a serbare un rigoroso silenzio, finchè arrivò quel cavaliere velato a cui il servo affermava che obbedivano gli altri tutti, e disse a Dorotea: “Non vogliate disturbarvi, o signora, ad offerire nulla a questa straniera, perchè ha in costume di non aggradire ciò che si fa per suo bene; nè la eccitate a rispondervi, a meno che non vi piaccia di udir qualche menzogna dalla sua bocca. — Non ne ho mai proferito una sola, disse allora colei che sino a quel punto aveva taciuto; ed anzi la mia disgrazia deriva dall’essere io veritiera e nemica del mentire: ne allego in testimonio voi stesso, che dal candore di quella verità che vive sulle mie labbra, traete adesso argomento di essere falso e mendace„. Udì Cardenio queste parole chiaramente e distintamente, come quello che stavasi molto vicino a chi le proferiva, mentre n’era diviso che dalla sola porta della stanza di don Chisciotte. E non le ebbe appena sentite che sclamò: “Dio grande! che sento io mai? qual voce mi giunge all’orecchio?„ A queste parole si volse la signora con grande agitazione, nè vedendo chi le proferiva, si alzò in piedi avviandosi per entrare nella stanza; ma il cavaliere si oppose, nè lasciolla muovere un passo. Cadde a lei pel gran turbamento e scompiglio il velo che le copriva il volto, e lasciò scorgere una incomparabile bellezza ed un celeste sembiante, benchè scolorito e impaurito. Andava cercando avidamente cogli occhi ogni angolo di quei luoghi con sì grande ansietà che sembrava persona fuori del senno; e questi movimenti produssero somma afflizione in Dorotea non meno che in quanti la stavano guardando, senza poterne indovinar la cagione. La teneva il cavaliere


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