Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/401


capitolo xxxv. 383

una casa incantata; perchè l’altra volta che mi sono trovato in questo sito in cui sono adesso, mi diedero molte morsicature e molte percosse senza sapere da chi venissero, e senza che potessi vedere alcuno; ed ora io non so più trovare questa testa che ho veduto tagliar cogli occhi miei proprii mentre il busto buttava un fiume di sangue. — Che sangue e che fiume di’ tu, nimico di Dio? disse l’oste: non vedi, ladrone, che il sangue e il fiume altro non sono che questi miei otri tutti forati, e il vino rosso che scorre per questo camerone? Che io possa veder nuotare nell’inferno l’anima di chi li ha bucati! — Io non ne so niente, rispose Sancio, e dirò solo che sono sfortunato a segno che s’io non trovo quella testa n’andrà in fumo la mia contea dileguandosi come sale nell’acqua„; e con ciò Sancio stava assai peggio svegliato, che il suo padrone addormentato: tanto lo avevano reso ubbriaco le promesse di don Chisciotte! L’oste si disperava nel vedere la flemma dello scudiere e la malefica pazzia del padrone; e giurava che la cosa non sarebbe ita come la volta passata quando ne andarono via senza pagare. Protestò che loro non sarebbero valsi i privilegi della cavalleria per dispensarsi l’uno e l’altro dal soddisfare; ma si preparassero ad indennizzarlo sino anche delle animelle degli otri rotti. Il curato tenea don Chisciotte per mano, il quale credendo di aver compita l’impresa e di trovarsi dinanzi alla principessa Micomicona s’inginoc-