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376 | don chisciotte. |
dessi che divenendo io verso di me spietata non era possibile non esserlo ad un tempo verso di te ancora, testimonio ti volli del sagrifizio che ho deciso di fare all’offeso onore di così riputato marito da te oltraggiato col torto più grande che immaginare si possa, ed all’onore di me che non mi sono sottratta alle occasioni col riguardo da me dovuto, se pure alcuna te ne offersi per favorire ed avvalorare le tue male intenzioni. Ti replico dunque che il sospetto che alcuna mia inavvertenza ti abbia fatto nascere pensieri sì riprovevoli, è quello che mi addolora, e che mi fa desiderare di punirmi colle proprie mie mani, e non altrimenti, perchè venendo castigata da altrui renderei pubblica maggiormente la mia colpa. Ora prima che questo avvenga voglio che meco muoia chi darà compita soddisfazione al desiderio di vendetta che nutro, e che può e dee compiersi eziandio dalla disinteressata giustizia, senza riguardo veruno a chi mi guidò a sì disperato partito„. Ciò dicendo con una forza e destrezza incredibile assalì Lotario col nudo pugnale, e con tale apparenza di trafiggergli il petto che dubitò egli medesimo della intenzione di lei, e fu costretto a valersi della sua industria e della sua lestezza per non rimanerne ferito; mentre essa deliberata di spingere la finzione sino all’estremo, vedendo che non potea ferire Lotario, o fingendo di non poterlo, disse: — Giacchè la sorte non vuol dare intera soddisfazione al giusto mio desiderio, non potrà divietarmi almeno che in parte io nol compia:„ e liberata da Lotario la mano con cui teneva afferrato il pugnale ne drizzò la punta sopra l’ascella del lato manco presso alla spalla, ove sapea che la ferita sarebbe leggiera; e subito si lasciò cadere in terra come svenuta.
“Stavano Leonella e Lotario tutti sospesi ed attoniti di tale avvenimento, e dubitavano tuttavia della verità di quel fatto, vedendo Camilla stesa in terra e bagnata nel proprio sangue. Si affrettò Lotario con molta celerità, impaurito e privo quasi di respiro, a trarle il pugnale di mano, e nel vedere che di nessuna conseguenza era la sua ferita, si calmò in lui lo spavento e altamente trasecolò della sagacità, della prudenza e del molto discernimento della leggiadra donna. Allora per fare egli pure la parte sua proruppe in un doglioso e lungo lamento sulla misera spoglia di Camilla, come se fosse defunta, maledicendo altamente non pure sè stesso ma chi lo avea strascinato a quel tristo punto; e sapendo di essere inteso dal suo amico Anselmo, aggiugneva espressioni da rendere sè più degno di compassione che non Camilla, tutto che fosse giudicata estinta. Leonella la prese fra le braccia e l’adagiò sul letto, e confortandosi ad alta voce che tuttavia non fosse morta, pregò Lota-