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capitolo xxxiv. 373

succedesse tanta disgrazia. Lo ritenne però la brama di veder dove andasse a finire una sì ferma ed onesta risoluzione, proponendosi di escir fuora a tempo da impedirne l’effetto. Fu colta frattanto Camilla da un forte svenimento; e Leonella, posandola sopra un letto che quivi trovavasi, cominciò a piangere dirottamente, ed a dire: — Ahimè sventurata, se per mia somma disgrazia mi morisse adesso fra le braccia il fiore della onestà del mondo, la corona delle mogli onorate, l’esempio della castità!„ e a queste aggiungeva altre dichiarazioni, tali che chiunque l’avesse udita, tenuta avrebbe lei per la più dolente e leale donzella del mondo, e la sua padrona per una novella perseguitata Penelope. Poco tardò a risentirsi Camilla, e disse: — E perchè non vai tu, Leonella, a chiamare il più traditore amico che siasi veduto al mondo? Affrettati, cammina, corri, vola; non si ammorzi il mio sdegno colla tardanza nè finisca in sole minacce ed invettive la vendetta che voglio prendere di costui. — Vado a chiamarlo, signora mia, disse Leonella, ma voi dovete darmi prima di tutto questo pugnale; chè non voglio lasciarvi in pericolo di far cosa per la quale abbiano poi a piangere tutta la loro vita quelli che vi amano. — Vattene pur sicura, Leonella mia, rispose Camilla, perchè sebbene io ti paia ardita e poco avveduta nella difesa dell’onor mio, nol sarò al segno di Lucrezia che si ammazzò senz’avere commessa veruna colpa, e senz’avere tolta prima la vita a chi fu cagione della sua disgrazia. Morrò sì, ma vendicata di colui che mi astrinse a piangere innocente„. Molto si fece pregare Leonella prima di andare a chiamar Lotario; vi s’indusse al fine, e mentre tardava a tornare restò Camilla dicendo tra sè: — Quanto sarebbe mai stato meglio che avessi da me allontanato Lotario, come feci altre volte, in vece che dargli adito di tenermi per disonesta e ribalda col tardare a disingannarlo! Sarebbe stato senza dubbio assai meglio; ma se fatto lo avessi io non mi terrei per vendicata, nè risarcito sarebbe l’onore di mio marito se da per sè stesso, conosciuto il torto, rientrato egli fosse nei suoi doveri. Paghi il traditore colla vita il concepimento di un desiderio sì disonesto; conosca il mondo (se a caso arriva a saperlo) che Camilla non pure serbò fedeltà allo sposo, ma si vendicò eziandio di colui che osò pensare di offenderlo... Or non sarebbe egli più savio partito dar conto di ogni cosa ad Anselmo?... ma nella lettera che gli scrissi quando era in villa non gli diedi io qualche cenno?... Egli come soverchiamente buono non procurò rimedio al male, e riposando sulla fede dell’amico, non potè nè volle credere che cercasse di offendere il suo onore; nè l’ho creduto io medesima per molti giorni,