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di essi. — Fratello, disse il curato, questi due libri sono bugiardi e pieni zeppi di spropositi e di chimere, laddove quello del Gran capitano è storia vera, e racconta i fatti di Gonzalo Fernandez di Cordova che meritò per le sue molte e grandi imprese di essere chiamato da tutti il gran Capitano, soprannome celebre, luminoso e conveniente a lui solo. Quanto poi a Diego Garzia di Paredes egli fu un cavaliere dei principali della città di Trusciglio nella Estremadura, guerriero valorosissimo e dotato dalla natura di tanta forza che fermava con un solo dito la ruota di un mulino nella sua maggior furia; e postosi con uno spadone in mano all’ingresso di un ponte impedì ad un esercito innumerabile l’andare innanzi, e fece in oltre tali altre prodezze, che se in vece di scriverle egli stesso colla modestia di chi parla di sè, altri le avesse scritte senza verun riguardo e da uomo disappassionato, avrebbero oscurato quelle degli Ettori, degli Achilli e dei Rolandi. — Oh ella è pur bella, disse l’oste, e voi fate le maraviglie perchè fu ritenuta una macina da mulino col dito? Legga, per Bacco, la signoria vostra ciò che ho letto io medesimo di Felice Marte d’Ircania, che con un solo manrovescio tagliò per mezzo cinque giganti, come se fossero stati di ricotta, o come tanti di quei fratini che fanno i ragazzi di baccelli o di fave fresche. Un’altra volta assalì un grandissimo e poderosissimo esercito, composto di un milione e secentomila soldati, armati tutti da capo a piedi, e li sbaragliò, e li fece fuggire tutti come tante mandre di pecore. E dove lasciamo noi il buon don Cirongilio di Tracia? Fu sì animoso e valente che navigando, come leggesi nel libro della sua istoria, per un fiume, ed essendo uscito dall’acqua