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334 | don chisciotte. |
voi non metterete più a profitto la mia coda per farvi la barba, e me la dovrete subito restituire„. Il barbiere non gliela volea rendere benchè ella la tirasse a sè: ma il curato gli disse che poteva dargliela, giacchè non vi era più bisogno di quella finzione, potendo egli lasciarsi vedere alla scoperta da don Chisciotte, col dirgli che quando fu spogliato dai ladri galeotti era venuto a rifuggirsi in quella osteria; e se domandasse dello scudiere della principessa, gli rispondesse che l’aveva preceduta per avvisare i suoi sudditi che essa era in cammino alla loro volta, accompagnata dal comune liberatore. Allora il barbiere diede volentieri la coda all’ostessa, e gli altri restituirono quanto ella aveva loro prestato per conseguire la liberazione di don Chisciotte.
Tutta la gente dell’osteria fece le più alte meraviglie sì della bellezza di Dorotea, come della leggiadra figura del pastore Cardenio. Il curato ordinò che si apprestasse quanto avessero per cibarsi, e l’oste colla speranza di miglior paga allestì un conveniente desinare. Dormiva don Chisciotte frattanto, e si avvisarono di non isvegliarlo perchè sarebbegli per allora più giovato il dormire che il mangiare. Sul finire del pranzo, essendo presenti l’oste, l’ostessa, sua figliuola, Maritorna e quanti vi erano in quell’osteria, ragionarono intorno alle pazzie di don Chisciotte ed al misero stato in cui lo avevano ritrovato. Raccontò l’ostessa ciò che gli era avvenuto col vetturale, poi dando un’occhiata se a sorte eravi Sancio, e non lo vedendo, narrò per intiero l’istoria dello sbalzamento per aria colla coperta, di che risero tutti moltissimo. Avendo poi detto il curato che i libri di cavalleria letti da don Chisciotte gli avevano guasto il cervello, soggiunse l’oste: — Non so come possa essere questo, perchè in verità non evvi miglior lettura al mondo, ed io qui ne tengo due o tre con altre istorie che hanno data veramente la vita non pur a me solo ma ben anche a molti altri. Nei giorni di festa e alla stagione delle messi si raccolgono sul mezzogiorno molti segatori, fra i quali ve ne ha sempre qualcuno che sa leggere, e che ne prende uno, e noi gli facciamo cerchio in più di trenta, e ne stiamo ascoltando con gran piacere la lettura mandando al diavolo la malinconia. Posso dire di me, che quando sento raccontare i terribili e furiosi colpi tirati da quei cavalieri, mi viene la frega di fare altrettanto, e starei giorno e notte sempre ad udirli. — Ed io nè più nè manco, disse l’ostessa, chè non godo un’ora di quiete se non allora che voi ve ne state ascoltando queste letture, le quali vi tengono tanto assorto che vi dimenticate di borbottare. — Questo è vero, soggiunse Maritorna; e in fede mia che io ci ho il più gran gusto a sentire, per esempio, che un ca-