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capitolo xxxi. 329

sperare altro compenso dei molti e retti loro desiderii se non che degnisi di accettarli per suoi cavalieri? — Questa maniera di amare, disse Sancio, è propria soltanto (per quanto intesi alla predica) dell’amore che si dee portare a Dio per sè solo, senza badare a speranza di bene o timore di danno; benchè io mi contenterei di servirlo ed amarlo per qual si fosse cagione. — Non ho mai veduto un villano più furbo di te, disse don Chisciotte, perchè tu m’improvvisi alle volte certi ragionamenti che pare proprio che tu li abbia studiati. — Eppure in fede mia, io non so nemmeno leggere, rispose Sancio.

In questa maestro Niccolò li chiamò ad alta voce, perchè aspettassero un poco, volendo i compagni fermarsi a bere ad una fontana ivi trovata. Don Chisciotte si fermò, e n’ebbe Sancio grandissimo piacere per vedersi liberato dalla necessità di dire tante bugie col timore di poter essere scoperto dal suo padrone; perchè quantunque gli fosse noto che Dulcinea era una contadina del Toboso, non l’aveva egli però mai veduta. Erasi frattanto Cardenio vestito dell’abito che Dorotea portava indosso la prima volta in cui fu scoperta; non molto ricco a dir vero, ma tuttavia migliore dei cenci dai quali egli era prima coperto. Si assisero tutti presso alla fonte, e con quello che il curato seco recò dalla osteria soddisfecero assai parcamente alla fame.



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