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16 don chisciotte.


Mancia, con che, a parer suo, spiegava più a vivo il lignaggio e la patria, e davale onore col prendere da lei il soprannome.

Rese di già lucide l’arme sue; fatta del morione una celata; stabilito il nome al ronzino, e confermato il proprio, si persuase che altro a lui non mancasse se non se una dama di cui dichiararsi amoroso. Il cavaliere errante senza innamoramento è come arbore spoglio di fronde e privo di frutte; è come corpo senz’anima, andava dicendo egli a sè stesso. — Se per castigo de’ miei peccati, o per mia buona ventura m’avvengo in qualche gigante, come d’ordinario intraviene ai cavalieri erranti, ed io lo fo balzare a primo scontro fuori di sella, o lo taglio per mezzo, o vinto lo costringo ad arrendersi, non sarà egli bene d’avere a cui farne un presente? laonde poi egli entri, e ginocchioni dinanzi alla mia dolce signora così s’esprima colla voce supplichevole dell’uomo domato: — Io, signora, sono il gigante Caraculiambro, dominatore dell’isola Malindrania, vinto in singolar tenzone dal non mai abbastanza celebrato cavaliere don Chisciotte della Mancia, da cui ebbi comando di presentarmi dinanzi alla signoria vostra, affinchè la grandezza vostra disponga di me a suo talento. Oh! come si rallegrò il nostro buon cavaliere all’essersi così espresso! ma oh quanto più si compiacque poi nell’avere trovato a chi dovesse concedere il nome di sua dama! Soggiornava in un paese, per quanto credesi, vicino al suo una giovanotta contadina di bell’aspetto, della quale egli era stato già amante senza ch’ella il sapesse, nè se ne fosse avvista giammai, e chiamavasi Aldonza Lorenzo; e questa gli parve opportuno chiamar signora de’ suoi pensieri. Dappoi cercando un nome che non discordasse gran fatto dal suo, e che potesse in certo modo indicarla principessa e signora, la chiamò Dulcinea del Toboso, perchè del Toboso appunto era nativa. Questo nome gli sembrò armonioso, peregrino ed espressivo, a somiglianza di quelli che allora aveva posti a sè stesso ed alle cose sue.