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310 | don chisciotte. |
branco di gente tribolata e tapina, ed esercitai verso di essa quello che mi comanda la religione che professo: ci pensi chi ci ha da pensare, e a chi ciò sembrasse malfatto, salva la santa dignità del signor curato e la sua onorevole persona, dico ch’è un ignorante del debito di cavalleria, che mente come malnato, e che son pronto a provarglielo colla spada in pugno o come più gli tornasse a grado„. Ciò detto stringevasi nelle staffe, e già calava il morione, perchè il bacino del barbiere, o com’egli diceva, l’elmo di Mambrino, lo portava appeso all’arcione per farlo racconciare dal maltrattamento che avea sofferto dai galeotti.
Dorotea che avea intendimento e molto buon garbo, come quella cui era noto il pazzo umore di don Chisciotte, vedendo che tutti, non eccettuato lo stesso Sancio Panza, si facevano beffe di lui, non volle essere da meno degli altri e gli disse: — Signor cavaliere, si rammenti la signoria vostra il favore che mi ha promesso; ella per essere fedele alla sua parola non dee occuparsi di altra avventura per urgente che sia; si calmi, chè se stato fosse a cognizione del signor curato che i galeotti ebbero libertà mercè quell’invitto suo braccio, avrebbesi fatte tre cuciture alla bocca e tre volte sarebbesi morsicata tre volte la lingua, anzichè proferire parola che possa tornare in aggravio di vossignoria. — Giuro, disse il curato che così saria passata la cosa, e piuttosto mi sarei anche pelata una delle mie basette. — Io la farò finita, signora mia, disse don Chisciotte, rintuzzerò la giusta collera che già nel mio petto erasi concitata, e mi conserverò quieto e pacifico, finchè abbia adempiuto con voi il contratto dovere: ma in compenso di tale mia determinazione vi supplico narrarmi, se non vi dispiace, la vostra sventura, e quali e quante sieno le persone delle quali debbo darvi compita e intera satisfazione. — Lo farò ben volentieri, rispose Dorotea, quando però non v’infastidisca di udire un racconto di miserie e di sciagure. — Ciò non può accadere, o signora mia„, rispose don Chisciotte. E Dorotea soggiunse: — Poichè così è, mi prestino ora attenzione le signorie vostre„. Cardenio e il barbiere se le posero accanto desiderosi di udire come la giudiziosa Dorotea fingesse la sua istoria; e lo stesso fece Sancio che rispetto a lei vivea nell’inganno medesimo del suo padrone. Essa dopo essersi bene assettata in sella, e premesso un poco di tossire con altri graziosi gesti cominciò con molto bel garbo a parlare nella seguente maniera:
“Bramo prima di tutto che sappiano le signorie vostre, padroni miei, che il mio nome si è...„ e qui s’interruppe un cotal poco per essersi dimenticata il nome che le avea posto il curato: ma egli che