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302 don chisciotte.

Sia quale si vuol essere, rispose don Chisciotte, io farò quello cui sono obbligato, e ciò che mi detta la coscienza conforme alla mia professione; poi volgendosi alla donzella disse: — La vostra grande bellezza si alzi ch’io le concederò il favore che dimanderà. — Quello che chieggo si è, disse la donzella, che la magnanima vostra persona mi segua sul momento dove io sarò per condurla, e mi prometta di non impegnarsi in altra avventura, nè in veruna domanda, finchè non mi abbia vendicata di un traditore che contra ogni diritto divino ed umano mi usurpa il regno. — Replico, che ve lo prometto, rispose don Chisciotte; e potete, o signora, da quindi innanzi dar bando alla malinconia che vi opprime, e fare che riprendano nuovo spirito e nuova forza le vostre illanguidite speranze, chè con l’assistenza di Dio e mercè il valore del mio braccio voi vi vedrete presto restituita al vostro regno, e seduta sul trono del vostro antico potente stato, ad onta e a dispetto dei poltroni che vi si opponessero; e diasi tantosto mano all’opera, chè dall’indugio, come si dice, nasce talvolta il pericolo„. La bisognosa donzella fece ogni sua possa per baciargli le mani: ma don Chisciotte, che amava di esser tenuto un ben creato e cortese cavaliere, non lo permise; la fece anzi alzare da terra e l’abbracciò con molta affabilità e bel costume; poi ordinò a Sancio che guardasse se erano ben assettate le cinghie a Ronzinante, e lo armasse sul fatto di tutto punto. Sancio calò giù l’armatura che a guisa di trofeo stava pendente da un arbore, e, riviste le cinghie, armò il suo padrone in men ch’io nol dico. Il quale vedutosi armato: — Andiamo, disse,