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capitolo i. 13


due feroci e smisurati giganti. Più gli piaceva Bernardo dal Carpio per aver ucciso in Roncisvalle l’incantato Roldano, valendosi dell’accortezza d’Ercole allorchè soffocò fra le sue braccia Anteo figlio della terra. Celebrava il gigante Morgante perchè discendendo egli da quella gigantesca genìa, che non dà che scostumati e superbi, pure egli solo porgevasi affabile e assai ben creato. Dava però a Rinaldo di Montalbano sopra ad ogn’altro la preferenza, e segnatamente quando lo vedeva uscire dal suo castello, e far man bassa di quanto gli capitava alle mani, derubando in Aglienda quell’idolo di Maometto che era tutto d’oro, secondochè riferisce la sua storia. Avrebbe egli sagrificata la sua serva, e di vantaggio pur la nipote alla smania che tenea d’ammaccare a furia di calci il traditor Ganelone.

In fine, perduto affatto il giudizio, si ridusse al più strano divisamento che siasi giammai dato al mondo. Gli parve conveniente e necessario per l’esaltamento del proprio onore e pel servigio della sua repubblica di farsi cavaliere errante, e con armi e cavallo scorrere tutto il mondo cercando avventure, ed occupandosi negli esercizii tutti dei quali avea fatto lettura. Il riparare qualunque genere di torti, e l’esporre sè stesso ad ogni maniera di pericoli per condursi a glorioso fine, doveano eternare fastosamente il suo nome; e figuravasi il pover’uomo d’essere coronato per lo meno imperadore di Trabisonda in merito