Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo xxviii. | 287 |
ritiro me lo vidi comparire dinanzi. Riavuta ben tosto dallo stupore in cui mi fece cadere quell’improvvisa apparizione, mentre egli con dolci parole accompagnate da lagrime e da sospiri cercava di acquistar fede alle sue fallaci proteste d’amore, raccolsi gli smarriti miei spiriti, e con quanto coraggio era in me gli dissi: “Se come, o signore, mi trovo fra le vostre braccia, fossi tra le zanne di un fiero leone e non potessi liberarmene se non a condizione di far cosa contraria alla mia onestà, già non sarebbe possibile che io m’inducessi a commetterla. Sono vostra vassalla, non però vostra schiava: e tanto io stimo altamente me stessa, contadina ed umile, quanto voi potete stimarvi per essere signore e cavaliere. Tutto questo vi dico perchè non isperiate mai di ottenere da me quella corrispondenza di affetto ch’è riserbata soltanto a colui che potrà esser mio legittimo sposo. — Se altro non brami, bellissima Dorotea (è questo il nome della sventurata che vi favella), se altro non brami, disse lo sleale cavaliere, ecco che io ti do la mano in pegno della solenne promessa di essere tuo, e ne chiamo in testimonio il cielo dinanzi al quale nulla si nasconde, e quella immagine santa di nostra Signora che hai qui da canto„.
Quando Cardenio intese ch’ella chiamavasi Dorotea cominciò a turbarsi di nuovo confermandosi nella sua prima opinione: ma non volle interrompere il racconto per vedere se concorreva con ciò che sapeva egli stesso; soltanto disse: — Che! Dorotea vi chiamate, o signora? Altre volte udii parlare di qualcuna che portava cotesto nome, e le cui sventure somigliavano molto alle vostre: continuate chè a suo tempo udirete da me cose le quali vi recheranno non so se più maraviglia o dolore„. Dorotea pose mente alle parole di Cardenio ed ai suoi strani e laceri vestiti, e pregollo che se alcuna cosa sapesse della sua vicenda gliela partecipasse senza indugio, perchè se la fortuna le avea lasciata qualche prerogativa era questa un cuore capace di sostenere qualunque nuovo disastro da cui fosse assalita. — Farete, o signora, soggiunse Cardenio, che non vi venga poi meno il coraggio quando vi dirò quello che penso, se sarà vero quanto ora suppongo: ma a ciò resta tempo; e a voi non può importare che io mi affretti a parlarne. — Sia pure ciò che si voglia, rispose Dorotea, io seguito la mia narrazione col dirvi che don Fernando recatasi in mano un’immagine santa che trovavasi nella mia stanza, la volle per testimonio dei nostri sponsali, e con parole efficacissime e con giuramenti straordinari protestò di essere mio consorte. Stette fermo nel proposto suo ad onta che fosse da me avvertito che badasse bene a quello ch’egli faceva, e ponesse mente allo sdegno che n’avrebbe suo padre quando