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262 | don chisciotte. |
con tutti gli orli di raso bianco; vestiti che ricordavano il tempo del re Bamba1. Non volle il curato acconciature di testa, ma si coprì il capo con un berretto di pannilino imbottito di cui servivasi in letto la notte, e si cinse la fronte con un legaccio di taffetà nero, facendosi con un altro una specie di maschera sotto la quale nascose ben bene la barba e tutta la faccia. Si mise il cappello, che per essere grande assai faceva le veci d’un ombrellino, poi ravviluppandosi nel suo gabbano si mise a seder sulla mula come sogliono cavalcare le donne; ed il barbiere montò sopra la sua con la barba che gli andava sino alla cintura tra rossa e bianca, siccome quella che, come si è detto, era fatta della coda di un bue rossiccio. Si accomiatarono da tutti e dalla buona Maritorna, che promise di recitare un rosario, tuttochè peccatrice, affinchè il Signore favorisse così difficile e cristiana impresa com’era quella a cui si accingevano. Non fu appena uscito dall’osteria il curato che soprappreso da uno scrupolo, non forse l’essersi travestito a quella foggia disdicesse ad un sacerdote, benchè avesse a coglierne un gran frutto, pregò il barbiere di cambiare travestimento. Parevagli più adatto ch’egli fingesse di essere la donzella bisognosa, riserbando a sè le parti da scudiere, mentre non avrebbe così profanata la sua dignità; dichiarando che se vi si rifiutava, egli avrebbe desistito dall’impresa, checchè fosse per avvenire a don Chisciotte.
- ↑ Re goto cacciato dal trono nel 680.