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capitolo xxvi. 259

della imperatrice, erede di un vasto e dovizioso stato di Terraferma senza isole nè isolotti di cui non si curava. Tutto ciò era detto da Sancio con tanta fermezza (soffiandosi il naso di tanto in tanto) e con sì poco giudizio, che que’ due tornarono a farne le maraviglie, riflettendo alla pazzia sì strabocchevole di don Chisciotte, che avea fatto dar volta anche al cervello di quel pover uomo. Non si curarono di fargli conoscere l’errore in cui si trovava, giacchè non vi essendo pericolo della sua coscienza era meglio lasciarvelo persistere, ed aver così maggior diletto in udire le sue scempiaggini; e però si fecero a dirgli che pregasse Dio per la salute del suo padrone, mentre era facile ad accadere che in progresso di tempo divenisse imperadore, com’egli diceva, od arcivescovo per lo meno, od altro dignitario siffatto. A’ quali rispose Sancio: — Signori, se la fortuna rivoltasse le cose in maniera che al mio padrone non venisse in testa di essere imperadore, ma arcivescovo, domando io in questo caso che cosa sogliono dare gli arcivescovi ai loro scudieri? — Costumano di dare, rispose il curato, qualche beneficio semplice od una cura od una sacristania che porta una ricca rendita, oltre a’ rilievi incerti che sogliono valere altrettanto. — Per conseguire questo si renderà necessario, replicò Sancio, che lo scudiere non sia ammogliato, e sappia almeno risponder messa; e se ciò è io sono ben disgraziato, mentre io mi trovo ammogliato e non conosco la prima lettera dell’alfabeto. Che sarà di me se al mio padrone tocca il capriccio di esser arcivescovo e non imperadore, com’è uso e costume dei cavalieri erranti? — Non vi date pena per questo, amico Sancio, disse il barbiere, che pregheremo il vostro padrone e lo consiglieremo, anzi gli faremo coscienza affinchè diventi imperadore e non arcivescovo; e ci sarà facile la riuscita essendo egli più valoroso che letterato. — Pare così anche a me, rispose Sancio, benchè vi so dire ch’egli è abile in tutto; e quello che penso di fare dal canto mio è di raccomandarlo a nostro Signore, affinchè lo conduca a quelle parti ov’egli possa trovarsi in grado di ricolmarmi di molte beneficenze. — Il vostro parlare, disse il curato, è da uomo di senno, e le vostre azioni da buon cristiano; ma quello che importa di fare presentemente si è di cavare il vostro padrone da quella inutile penitenza la quale dite che sta facendo, e di pensare al modo con cui dobbiamo contenerci... Ma egli è ormai tempo di desinare; e però sarà bene intanto che ce n’entriamo in questa osteria„. Sancio disse ch’entrassero pure chè li attenderebbe di fuori, e loro farebbe poi sapere la causa per cui non volea seguitarli, e li pregava soltanto che gli facessero portar fuori qualche cosa da mangiare per lui e un poco di biada per Ronzinante.