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248 | don chisciotte. |
Lettera di don Chisciotte a Dulcinea del Toboso.
- “Sovrana ed alta signora!
“Il ferito di punta d’assenza, ed il piagato nelle tele del cuore, dolcissima Dulcinea del Toboso, t’invia quella salute che affatto a lui manca. Se mi dispregia la tua bellezza, se il tuo merito non si rivolge a favorirmi, se gli sdegni tuoi sono il mio annichilamento ad onta che sia esemplare la mia sofferenza, non mi prometto di sostenermi più a lungo in questa infelicità; chè oltre all’essere aspra fuor di misura, minaccia di essere di una intollerabile lunghezza. Sancio mio fedele scudiere ti darà piena relazione, o bella ingrata, o adorata nemica mia, dello stato in cui per tua colpa mi trovo. Se ti piacerà di porgermi aiuto sarò tuo; se no, fa tu pure quanto ti è a grado, chè col terminare di mia vita io avrò soddisfatto alla tua crudeltà e al mio desiderio.
Tuo fino alla morte |
— Per l’anima di mio padre, disse Sancio udendo la lettera, che questa è la più gran lettera ch’io abbia mai intesa. Oh corpo di Bacco! come la signoria vostra chiaramente dice ciò che desidera, e come ci affibbia maravigliosamente nella sottoscrizione Il cavaliere dalla Trista Figura! Dico il vero: vossignoria è lo stesso diavolo in persona, nè vi ha cosa ch’ella non sappia. — Tutto questo è necessario, replicò don Chisciotte, per adempiere compiutamente il carico che mi sono imposto. — Su via, disse Sancio, scriva in quest’altra carta l’ordine per i tre asini, e lo firmi nettamente sicchè non succedano difficoltà. — Ben volentieri, disse don Chisciotte: e quando ebbe finito di scrivere lesse quanto segue:
“Piacerà a vossignoria per questa prima di asini, signora nipote, di consegnare a Sancio Panza mio scudiere, tre dei cinque che ho lasciati in mia casa affidati alle sue cure; i quali tre asini gli si daranno per altrettanti qua ricevuti di contante, e ritirandone la ricevuta saranno ben consegnati.
“Fatta nelle viscere di Sierra Morena nel giorno 17 di agosto dell’anno corrente„.
— Va bene, disse Sancio, ed ora la sottoscriva vostra signoria. — Non occorre, disse don Chisciotte; basta soltanto ch’io vi apponga la mia cifra, che per tre asini e per trecento ancora è bastante. — Io mi rimetto a lei, rispose Sancio, ed ora mi permetta