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capitolo xxiv. 233

stro Elisabatte1 era amato dalla regina Madassima.. — Oh questo poi no, corpo di... (sclamò sommamente incollerito don Chisciotte dando in bestemmie), è questa una grande malignità, o per meglio dire furfanteria. La regina Madassima è stata una potente signora, e non è lecito presumere che sì gran principessa siasi avvilita con un medica-crepature; e chi sostiene il contrario, mente come il più gran gaglioffo: ed io glielo proverò a piedi e a cavallo, armato e disarmato, di notte e di giorno e come più gli aggrada„. Cardenio lo andava attentamente guardando; già sul punto di abbandonarsi alla sua frenesia, non trovavasi più in grado di proseguire la sua istoria; nè più avrebbe voluto ascoltarla don Chisciotte, disgustatissimo di ciò che avea inteso della regina Madassima. Strano caso! tanto interesse egli si prese per questa principessa, che di più non avrebbe potuto mostrarne se fosse veramente stata la sua naturale signora: a tal grado gli aveano ottenebrato il cervello que’ suoi scomunicati libri! Ma intanto Cardenio che già ritornava nella sua pazzia, sentendosi trattare da mentitore e da gaglioffo con altre gentilezze siffatte se ne adontò, e, dato di piglio ad un sasso che si trovò aver vicino, lo scagliò nel petto a don Chisciotte sì fortemente, che il colpo lo fece cadere all’indietro. Sancio Panza che vide conciare il suo padrone a quel modo, andò contro il pazzo colle pugna serrate; ma fu da Cardenio ricevuto in maniera che d’un sol colpo se lo gittò a’ piedi, e montatogli sopra gli ammaccò molto bene le costole. Il caprajo, che si accingeva alla difesa di Sancio, corse il medesimo rischio, ed il pazzo dappoichè che li ebbe macinati e pesti ambidue, fuggì velocemente per la montagna. Si levò Sancio, e con la bile che lo accendeva per vedersi immeritatamente maltrattato a quel modo, se la prese col caprajo che non lo avesse in tempo avvertito che a quell’uomo tornava la pazzia ad intervalli; dicendo che se questo avessero saputo egli e il suo padrone sarebbero stati in sull’avviso per potersene difendere. Rispose il caprajo che gliel’avea già detto, e che se non lo avea capito doveva imputare a sè solo la colpa. Replicò Sancio, e tornò a replicare il caprajo, e il fine delle repliche si fu di pigliarsi per la barba e di darsi di tali pugna, che se don Chisciotte non si frammetteva si sarebbero fatti in pezzi. Diceva Sancio, già venuto alle mani col caprajo: — Deh! lasci, signor cavaliere dalla Trista Figura, che con costui, ch’è villano come sono io, e non è armato cavaliere, io possa combattendo a tu per tu soddisfarmi a mia voglia della offesa che mi ha fatto. — Quest’è vero, rispondeva don Chisciotte; ma so

  1. Chirurgo di Amadigi di Gaula.

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