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232 | don chisciotte. |
introdurlo: il che mi era grave; non perchè temessi o dubitassi della bontà e della fede di Lucinda, ma perchè la mia sorte mi facea sin d’allora temere quello appunto ch’ella voleva che dovesse poi avvenirmi. Procurava sempre don Fernando di avere alle mani le lettere ch’io le scriveva e le risposte di lei sotto pretesto di ammirare il suo finissimo discernimento: ed avvenne che avendomi chiesto Lucinda un libro di cavalleria da leggere, di cui molto si compiaceva, ed era quello di Amadigi di Gaula...„ Don Chisciotte appena sentì nominar libri di cavalleria, lo interruppe: — Se mi avesse fatto sapere vossignoria che la signora Lucinda era affezionata ai libri di cavalleria, non le saria stato d’uopo di altre esagerazioni per farmi conoscere la elevatezza del suo intelletto, perchè non lo avrebbe avuto così eccellente com’ella, o signore, me l’ha dipinto, se non avesse assaporate sì stupende letture; nè ora occorre impiegare meco altre parole per descrivermi la sua avvenenza, l’ingegno ed il merito; chè solo per quella sua predilezione la tengo per la più bella e più preziosa donna del mondo. Avrei però desiderato, o signore, che le aveste fatto conoscere unitamente ad Amadigi di Gaula, quell’ottimo uomo di don Rogel di Grecia, chè so io quanto la signora Lucinda sarebbesi compiaciuta di Daraida e di Garaia, e delle avvedutezze del pastore Darinello e degli ammirabili versi delle sue bucoliche, ch’egli rappresentava con grazia, con bell’ordine, con disinvoltura; ma verrà tempo che si potrà correggere siffatto errore, ne assai ci vuole per farne l’ammenda, bastando che vossignoria voglia venire meco alla mia terra, dove le potrò dare più di trecento libri che sono la consolazione dell’anima mia e il trattenimento della mia vita, se pure mi saranno rimasti salvi; perchè debbo temer la malignità dei tristi e invidiosi incantatori. Mi perdoni la signoria vostra se ho mancato alla promessa di non interrompere il suo ragionamento; ma udendo cose di cavalleria e di cavalieri erranti tanto sarebbe possibile a me l’astenermi dal parlarne, quanto a’ raggi del sole il non riscaldare e a quelli della luna il non inumidire. Mi perdoni, ripeto, la signoria vostra e prosegua pure; chè ciò più di tutto importa presentemente„.
Mentre don Chisciotte stava facendo questo discorso, Cardenio tenea la testa chinata sul petto, come uomo immerso in profondi pensieri; e ad onta che per ben due volte don Chisciotte lo stimolasse a seguitare la sua istoria, egli nè alzava il capo nè rispondeva parola. Solo dopo qualche tempo si alzò e disse: — Non mi può uscire dal pensiero, nè vi sarà al mondo chi me ne stolga, nè chi mi dia ad intendere altrimenti; e sarebbe un balordo chi credesse o volesse far creder il contrario: sì certamente quel briccone del mae-