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capitolo xxiii. 215

giunto in un sito inesauribile di avventure quali appunto egli le andava cercando. Stava richiamandosi alla memoria i prodigiosi avvenimenti occorsi ai cavalieri erranti in tali solitudini e luoghi selvaggi, e andavasene immerso in questi pensieri, ed ebro e tratto fuori di sè di null’altro si rammentava; nè Sancio (poichè gli parve di essere sicuro dalle persecuzioni della giustizia), davasi altro pensiero che di pascere lo stomaco coi rimasugli di quanto avea tolto ai poveri chierici che accompagnavano il morto. A tal modo Sancio seguitando il padrone traeva di quando in quando da un sacco, che in vece dell’asino era caricato sopra Ronzinante, di che empiersi la pancia, contento della sua sorte, senza curarsi di nuove avventure. Ma in questo mezzo alzò gli occhi, e vide che il suo padrone tentava di levar qualche cosa da terra colla punta del suo lancione. Si affrettò Sancio ad ajutarlo, ed arrivò al punto in cui alzava un cuscinetto cui stava legato un valigiotto, ambedue mezzo fracidi e disfatti. Disse il padrone a Sancio che esaminasse quello che fosse nel fardello; e Sancio obbedì, e ad onta che fosse assicurato con una catena chiusa da un lucchetto, per le parti rotte e fracide vide quanto conteneva, cioè: quattro camicie di tela d’Olanda fina ed altra biancheria non meno candida e finissima, e aggomitolato in un moccichino un buon monticello di scudi d’oro. Quando Sancio li ebbe scoperti, esclamò: — Benedetto sia il cielo che ci offre finalmente una avventura da cui trarremo profitto; e frugando allora ancor più trovò un libricciuolo di memorie riccamente guernito. Questo lo volle don