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prologo. 5


all’imperatore di Trabisonda, i quali so essere opinione che abbiano avuto il vanto di poeti celebratissimi. Che se ciò non è vero, e sorgesse per avventura qualche pedante o baccelliere, che mordendovi le calcagna impugnasse questa verità, non per questo a voi, convinto di menzogna, taglierebbero la mano che ha segnati nomi cotanto illustri. E quanto al citare in margine libri ed autori ai quali attribuir le sentenze e i detti che vi piacesse d’inserire nella vostra storia, basta che voi vi facciate cadere in acconcio alcune sentenze che sappiate a memoria, o che vi costino poca fatica a cercarle1. Per esempio, trattando di libertà e schiavitù:


Non bene pro toto libertas venditur auro;


ed al margine citate Orazio, o chi l’ha detto2. Se parlerete del potere della morte:


Pallida mors aequo pulsat pede
Pauperum tabernas, regumque turres.


Se dell’amicizia, o dell’amore che il Signore comanda di portare a’ nemici, eccovi la divina Scrittura che vi somministra le parole di Dio stesso: Ego autem dico vobis: diligite inimicos vestros. Trattando de’ cattivi pensieri ricorrete al Vangelo: De corde exeunt cogitationes malæ. Se dell’incostanza degli amici, Catone vi somministrerà il suo distico:


Donec eris felix, multos numerabis amicos;
Tempora si fuerint nubila, solus eris.


E di tal guisa latinizzando, od in tal’altra maniera, sarete tenuto per grammatico, ciò che procura oggigiorno non poco onore e guadagno. Per ciò che spetta alle annotazioni da porsi al fine del libro, potete sbarazzarvene a questo modo. Se nominate nella vostra opera qualche gigante, supponetelo il gigante Golia: questo solo (che poco vi costa) v’apre il campo ad un’ampia annotazione, dicendo: Il Gigante Golia fu un Filisteo il quale venne ucciso con un gran colpo di pietra dal pastore Davide nella valle di Tèrebinto, secondo ciò che si legge

  1. Come fece Lope de Vega nel suo poema intitolato el Isidro.
  2. In fatti questo verso non è d’Orazio, ma dell’autore anonimo delle così dette favole esopiane (Canis et Lupus, lib. III, fabula 14). Così i versi attribuiti poco appresso a Catone, sono in vece di Ovidio (Trist. el. 6.).