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capitolo xxi. | 189 |
diritto mi si compete„. Il barbiere sopraffatto improvvisamente da quella fantasima, per sottrarsi al colpo della lancia non trovò partito migliore che lasciarsi cader giù dall’asino; e non ebbe appena toccata terra che si alzò più veloce di un daino, e si mise a fuggire per quella campagna sì rapidamente che il vento non lo avrebbe raggiunto... Lasciò in terra il bacino, di cui si contentò don Chisciotte, dicendo che il pagano era un uomo accorto, ed imitato aveva il castoro, il quale suol lasciarsi addietro ciò che l’istinto naturale gli insegna essere desiderato dal cacciatore che lo insegue.
Comandò a Sancio che raccogliesse l’elmo; il quale presolo in mano, disse: — Oh corpo di Bacco! il bacino è buono e vale un reale da otto come un maravedis; poi lo consegnò al padrone che se lo pose sul fatto in testa, girandolo attorno e cercando la visiera; ma come non la trovava, disse: — Certo che il pagano per cui si fabbricò la prima volta questa famosa celata, dovette avere una testa ben grossa, e il peggio si è che manca la metà„. Quando Sancio sentì che il bacino era creduto celata non potè contenersi dal ridere, ma si ristette ben presto ricordandosi la collera del suo padrone. — Di che ridi tu, Sancio? domandò don Chisciotte. — Rido, rispos’egli, considerando la gran testa che aveva il pagano, padrone di questo elmetto; il quale poi somiglia ad un bacino di barbiere per modo che non vi corre la più piccola differenza. — Sai tu ciò ch’io ne penso, o Sancio? questa gran rarità di quest’elmo incantato sarà, per qualche straordinario accidente, pervenuta alle mani di chi non seppe nè conoscere nè apprezzare il suo merito; e senza por mente a ciò che si facesse, vedendola d’oro purissimo, ne avrà fuso una metà per approfittarsi del ricavato, e dell’altra metà avrà fatto questo che sem-