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nostro Signore mi ha disobbligato dal pensiero di vendicare la sua morte, il che avrei fatto se fosse stato ucciso da qualcun altro; ma essendo mancato di vita per la causa che mi adducete, non vi è altro che starsene cheti e stringersi nelle spalle; chè già si farebbe lo stesso se si trattasse della morte mia. Bramo per altro che sappia vostra riverenza ch’io sono il cavaliere della Mancia, chiamato don Chisciotte, e che il mio dovere e il mio esercizio consistono nell’andare per lo mondo raddrizzando torti, e vendicando soperchierie. — Non posso intendere, disse il baccelliere, come raddrizzate i torti, mentre di diritto ch’io era mi lasciate qui storto con rotto una gamba, la quale non si raddrizzerà mai più finchè io vivrò; e quella soperchieria da cui mi avete salvato consiste nel ridurmi a modo da ricordarmene per tutta la vita; ah! è stata ben grande la mia sventura nell’abbattermi in voi che andate cercando le avventure. — Non accadono tutte le cose a un modo, risponde don Chisciotte: il male è stato, signor baccelliere Alfonso Lopez, a venire come faceste di notte vestito con quel camiciotto, con torce accese, bisbigliando, e così messo a bruno che propriamente sembravate una figura dell’altro mondo, nè io ho potuto dispensarmi dallo eseguire il dover mio assaltandovi; ed avrei fatto lo stesso quand’anche avessi saputo che foste i diavoli dell’inferno; chè tali vi ho giudicati, e tali mi sembrate anche adesso. — Poichè mi riserbò la sorte a questo destino, disse il baccelliere, supplico vossignoria, signor cavaliere errante, che avendomi posto a sì mal partito, mi diate almeno aiuto a liberarmi da questa mula che mi tiene imprigionata una gamba tra la staffa e la sella. — Dovevate aspettare a dirmelo domani, rispose don Chisciotte; e fin quando volevate occultarmi la vostra disgrazia?„ Chiamò allora Sancio ad alta voce, ma egli non si prese molto pensiero di obbedirlo essendo occupato a svaligare una mula che portava un carico di cose da mangiare, provvisione indispensabile per quella buona gente. Egli avea formato del suo gabbano una specie di sacco, e andava riempiendolo di tutto quanto vi poteva capire: il che eseguito, e caricato il suo asino andò a vedere di che abbisognasse il padrone, ed allora aiutò egli pure il signor baccelliere a sciogliersi dalla oppressione in che lo teneva la mula, e ponendovelo sopra gli consegnò anche la torcia. Don Chisciotte gli disse che tenesse la strada presa da’ suoi compagni, ai quali chiedesse in suo nome perdono della offesa ricevuta da lui, benchè senza sua colpa. Sancio pure gli disse: — Se a sorte volessero sapere quei signori chi è stato il valoroso che li ha conci a quel modo, dirà vossignoria ch’è stato il famoso don Chisciotte della Mancia, il quale con altro nome si chiama il Cavaliere della Trista Figura„. Andò pe’ fatti suoi il povero baccelliere, e don Chisciotte,