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166 | don chisciotte. |
fosse una bara ove dovesse essere qualche malferito od estinto cavaliere, la cui vendetta era riserbata a lui solo; e senz’altre parole mise la lancia in testa, si assicurò bene in sella, e con animo risoluto postosi in mezzo alla strada per dove gl’incamiciati doveano necessariamente passare, quando se li vide vicini, disse a gran voce: — Fermatevi, cavalieri ignoti, e fatemi sapere chi siete, donde venite, a qual parte andate, e che cosa rinchiudasi in quella bara. Per quanto sembra, o avete fatto o avete ricevuto qualche affronto; ed è necessario ch’io ’l sappia, o per punirvi del male forse da voi fatto, o per vendicarvi del torto che poteste avere sofferto per colpa altrui. — Noi abbiamo fretta, rispose uno degli incamiciati, lontana è l’osteria, nè ci resta agio di trattenerci per darvi conto di tutto quel che domandate;„ e dato degli sproni alla mula, passò innanzi. Si adontò don Chisciotte di quella risposta, e pigliando la mula per la briglia la spaventò in modo che, inalberatasi, fece cadere per le groppe chi vi era sopra.
Un servitore che andava a piedi, vedendo cadere in terra l’incamiciato cominciò a dire mille ingiurie a don Chisciotte, il quale indispettito, senz’attender altro, mettendo in resta il lancione, buttò a terra uno di cotesti vestiti a bruno che restò malamente ferito; ed investendo poi gli altri con maravigliosa prestezza assalì, vinse e sbaraglio: pareva che in quel momento fossero nate le ali a Ronzinante; tanto marciava leggiero e baldanzoso! Tutti gl’incamiciati erano gente pavida e disarmata, e quindi con somma facilità e in un momento senza altre zuffe, si posero a fuggire per la campagna con le torce accese, che sembravano tante maschere di quelle che sogliono correre nelle allegre e festevoli notti del carnevale. Essendo poi ravvolti e imbacuccati ne’ lunghi loro abili e zimarre non potevano affrettare il passo, e perciò don Chisciotte, senza esporsi a pericolo di sorta alcuna, li bastonò tutti e li fece fuggire a loro mal grado; e tanto più che tutti si persuasero ch’egli non fosse altrimenti un uomo, ma un demonio venuto per impossessarsi del cadavere che portavano nella lettiga. Sancio se ne stava guardando ogni cosa, maravigliato dell’ardimento del suo padrone, e dicea fra sè stesso:
— Questo mio padrone è certamente valoroso e forte come si vanta!„ Stava una torcia accesa per terra vicino al primo ch’era caduto colla mula, ed a quel lume potè essere ravvisato da don Chisciotte, che accostandosi gli appuntò al viso il lancione, e gl’intimò che si arrendesse se non voleva essere ammazzato. Il povero caduto, rispose: — Io mi sono gia arreso mentre non posso movermi, chè mi è stata rotta una gamba; e supplico la signoria vostra, se è cavaliere cristiano, che non mi uccida, perchè commet-