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capitolo xviii. 159


facesse: ma poichè videro inutile il loro schiamazzo dieder di piglio ai sassi, e cominciarono a salutarlo con pietre grosse come un pugno. Don Chisciotte, non curandosi punto delle sassate, scorreva qua e colà dicendo: — Ove sei, superbo Alifanfarone, vieni a misurarti meco, che sono un solo cavaliere e bramo da solo a solo provar le tue forze e toglierti la vita in pena delle offese che mediti contro al valoroso Pentapolino Garamanta„. Capitò in questo certa mandorla liscia liscia di fiume che gli seppellì due costole nel corpo. Si tenne egli per morto, o almeno per ferito pericolosamente, ma sovvenendosi del suo liquore, trasse di subito il suo orciuolo e lo pose alla bocca mandando giù il balsamo nello stomaco. Non avea appena ingoiato quanto gli parea necessario, che eccoti un’altra grossa mandorla la quale gli colpì la mano e il vasetto sì dirittamente, che questo andò in mille pezzi, e gli uscirono di bocca tre o quattro denti mascellari, e poi gli furono malamente peste due dita della mano. Tanto furono gagliardi il primo e il secondo colpo, che il povero cavaliere dovette stramazzare giù dal cavallo. Accostaronsi allora i pastori, e credendolo spacciato, raccolsero in fretta la loro mandra, e caricate le bestie morte ch’erano più di sette, si diedero a fuggire senza cercar altro.

Sancio era stato guardando dall’altura le pazzie del suo padrone, e per dispetto strappavasi i peli della barba, e malediceva l’ora e il momento in cui la trista sua sorte glielo avea fatto conoscere. Ma poichè lo vide caduto in terra e ch’erano fuggiti i pastori, scese dal pendio, e se ne corse a lui, che quantunque non fosse affatto fuori di sè, trovavasi però ad assai tristo partito. “Non gliel diss’io, signor don Chisciotte, cominciò poi, che tornasse addietro, e che quelli che andava ad investire non erano eserciti, ma branchi di montoni? — Questa, risposegli don Chisciotte, è tutta mal’opera di quel ladrone incantatore mio nemico. Sappi, o Sancio, ch’è facile assai a costoro di farci apparire ciò che loro piace; ed è questo il maligno che mi perseguita. Costui invidiando la gloria che avrei riportata nel vincere questa battaglia, ha trasformato gli squadroni dei nemici in branchi di pecore; e per convincertene fa una cosa, te ne scongiuro, Sancio, monta sul tuo asino, seguili cautamente, e vedrai che quando saranno di poco di qua lontani, rivestiranno le primitive loro forme, e lasciando quelle di montoni ti appariranno uomini fatti e perfetti della qualità che poc’anzi ti ho minutamente descritta... Ma no deh non andare in questo momento, chè ho gran bisogno della tua assistenza e de’ tuoi servigi. Accostati e vedi quanti mascellari mi mancano, chè temo pur troppo di averli perduti tutti„. Si appressò Sancio, e sì davvicino da mettergli quasi