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capitolo xviii. 155


discernere che quelli non erano già eserciti ma armenti, se il polverio ch’essi levavano, non avesse loro impedita la vista. Ad onta di questo don Chisciotte, vedendo colla sua fantasia ciò che non vedevano gli occhi nè in fatto esisteva, con alta voce, cominciò a dire: — Quel cavaliere che vedi là coll’arme gialle che porta nello scudo un leone coronato schiavo a piè di una donzella, è il valoroso Laurcalco signore del ponte d’argento; l’altro che ha l’arme co’ fiori d’oro, e che porta nello scudo tre corone d’argento in campo azzurro, è il temuto Micocolembo gran duca di Chirozia; l’altro che ha le membra gigantesche, che sta alla mano dritta, è l’ardito Brandabarbarano di Boliche, signore delle tre Arabie che viene armato di una pelle di serpente, e tiene per iscudo una porta, che, a quanto si dice, è una di quelle del tempio fatto precipitare da Sansone allorchè morendo si vendicò dei nemici. Ma volgi l’occhio a quest’altra parte, e vedrai dinanzi e alla fronte di quest’altro esercito il sempre vincitore e non mai vinto Timonello di Carcassona, principe della nuova Biscaia, che viene coll’armatura divisa in quarti azzurri, verdi, bianchi e gialli, e porta sullo scudo un gatto d’oro in campo leonato col motto che dice Miau, ch’è il principio del nome della sua signora; la quale per quanto si dice, è la senza pari Miaulina, figlia del duca d’Alfegnincheno dell’Algarvia; l’altro che carica e opprime la schiena di quella grande alfana, coll’arme bianche come la neve e collo scudo bianco senza insegna veruna, è un cavaliere novello francese, chiamato Pietro Papin, signore delle baronie di Utricche; l’altro che batte i fianchi colle armate calcagna a quel veloce e chiazzato daino, e porta l’arme delle pelli azzurre, è il poderoso duca di Nerbia Espantafilando del Bosco, che ha per impresa nello scudo uno sparviere con un motto in castigliano, che dice così: Rastrea mi suerte, e che significa: Investiga la mia sorte„.

A questo modo andò nominando molti e molti cavalieri dell’uno e dell’altro immaginario squadrone, dando a tutti arme, colori, imprese e motti, trasportato dalla immaginazione della sua non più vista pazzia; e senza interrompere proseguì dicendo: — Questo squadrone di fronte è composto di nazioni fra loro diverse; si raccolgono in essi di quelli che beono le dolci acque del famoso Xanto; i montanari che calcano i massilici campi; quelli che cribrano il finissimo e minuto oro dell’Arabia Felice; quelli che godono delle celebri e fresche acque del chiaro Termodonte; quelli che per molte e diverse strade deviano le acque dell’aurifero Pattolo; quelli di Numidia mal fidi nelle loro promesse; i Persiani rinomati nell’uso degli archi e delle frecce; i Parti, i Medi che combattono fuggendo; gli Arabi erranti; gli Sciti crudeli non meno che i bianchi; gli Etiopi