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154 | don chisciotte. |
opposta sollevasi un polverio„. Voltosi don Chisciotte a guardare, vide ch’era vero, e rallegrandosi oltremisura, pensò che fossero due eserciti che venissero ad incontrarsi ed a battersi in mezzo a quella spaziosa pianura, poichè sempre avea piena zeppa la fantasia di quelle battaglie, incantamenti, avventure, contrattempi, amori e disfide che si raccontano nei libri di cavalleria; e quanto egli parlava, pensava o faceva, era tutto di siffatte fantasie.
Il polverio da lui visto, proveniva da due gran branchi di pecore e di montoni che venivano a quella volta da due parti; ma per la fitta polvere non era possibile ravvisare che cosa fossero veramente. Con tanta fermezza sostenea don Chisciotte ch’erano eserciti che lo credette anche Sancio, e gli disse: — Signore, e che facciamo noi? — Che? disse don Chisciotte; prestare assistenza e favore ai più deboli e bisognosi. Hai da sapere, Sancio, che questo che ci viene di fronte lo conduce e lo guida il grande imperatore Alifanfarone, signore della grande isola Taprobana1; quest’altro che ci viene alle spalle, è quello del suo nemico il re de’ Garamanti2 Pentapolino detto dal braccio ignudo, perchè entra sempre in battaglia col braccio destro scoperto. — E perchè si odiano tanto questi due signori? domandò Sancio. — Si odiano, rispose don Chisciotte, perchè questo Alifanfarone è un furibondo pagano, ed è innamorato della figlia di Pentapolino ch’è assai bella ed oltremodo graziosa signora; ma come cristiana, suo padre non vuole farla moglie di un pagano se costui non abbandona la legge del suo falso profeta Maometto, e non abbraccia la vera. — Quand’è così, disse Sancio, io voglio assistere Pentapolino che merita lode, e mi tengo obbligato ad aiutarlo per quanto posso. — Farai l’obbligo tuo, Sancio, disse don Chisciotte, perchè in simili battaglie non occorre di essere armato cavaliere. — Questo va bene, replicò Sancio, ma dove nasconderemo intanto questo mio asino per ricuperarlo dopo la battaglia? perchè non credo che nessuno finora usasse mai di mettersi a combattere con siffatta cavalcatura. — Rifletti saviamente, soggiunse don Chisciotte, e quello che puoi fare si è di abbandonarlo alla sorte; si perda o no, nulla importa, perchè dopo la vittoria avremo tanti cavalli al nostro comando, che anche Ronzinante corre pericolo ch’io nol cambii con qualch’altro. Ma stammi attento che ti voglio dar conto de’ più notabili cavalieri di questi due eserciti; e perchè tu meglio li vegga e li esamini, seguimi sopra questa collina d’onde si scopriranno anche meglio.
Vi salirono, si posero sopra un’altura, d’onde avrebbero potuto