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capitolo xvi. 139


tutta rannicchiata e cheta andava colle mani avanti cercando l’amante suo, venne ad incontrarsi nelle braccia di don Chisciotte, il quale l’afferrò strettamente pei polsi, e tirandola a sè, la fece sedere sopra il suo letto senza ch’ella osasse aprir bocca. Portava Maritorna certi smanigli con pallottole di vetro che furono tenute da don Chisciotte in conto di preziose perle orientali: la vesta, comechè fosse di tela assai ruvida, egli se la credette di finissima stoffa; i capelli che poteano dirsi crini di cavallo, gli parvero fili di lucidissim’oro di Arabia, atti ad oscurare col loro splendore il sole medesimo; ed il fiato, che mandava certamente aliti d’insalata fredda e indigesta, parve a lui odore soave di aromi; in somma egli se la dipinse nella fantasia simile affatto ad una principessa di cui aveva letto nei libri, che andò a visitare un cavaliere ferito. Sembrandogli pertanto di avere presso di sè la dea della bellezza, e tenendosela vicina, cominciò a dirle con voce bassa e amorosa: — Ah quanto bramerei, bella e possente signora, di trovarmi in situazione da poter compensare la bontà suprema di cui mi onorate! ma la rea fortuna, che mai non si stanca di perseguitare i buoni, mi ha ridotto qui in questo letto sì pesto e malconcio come sapete; e vi si aggiunge anche cosa di molto maggiore importanza, ed è la fedeltà che promisi alla senza pari Dulcinea del Toboso, unica signora de’ miei più reconditi pensieri„. Stavasene Maritorna in grande affanno, e sudava a sentirsi tenere sì stretta da don Chisciotte, e senza intendere e senza por mente a ciò ch’egli andava dicendo, procurava di liberarsene, nè profferiva parola. Il vetturale frattanto, che non dormiva, era stato ascoltando tutto ciò che don Chisciotte diceva alla sua Maritorna; e mosso da gelosia, si accostò quatto