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138 | don chisciotte. |
rente1. Oltre di che Cide Hamete Ben-Engeli fu uno storico ricercatore attentissimo e molto esatto in tutte le sue cose; e ciò apparisce ad evidenza; mentre non ha omessa alcuna particolarità benchè minuta e di poco momento. Laonde potranno gli storici d’importanza pigliarlo ad esempio in luogo di tessere sì brevemente, come fanno, le altrui geste, di maniera che appena si cominciano a leggere sono già belle e finite, tacendo o per malizia o per ignoranza, quello ch’è più sostanziale. Benedetto sia mille volte l’autore di Tablante, di Ricamonte, e colui che riferisce le imprese del Conte Tomiglia! Con quanta esattezza descrivono ogni cosa!
Ora il vetturale poich’ebbe visitate le sue bestie, e governatele per la seconda volta, si distese sopra le sue coperte, e diessi ad attendere che venisse da lui Maritorna. Stavasene di già Sancio in letto impiastrato, e tuttochè tentasse di prender sonno, non lo lasciava riposare il dolore delle costole; e don Chisciotte, egualmente afflitto dalla sua macinatura, se ne stava cogli occhi aperti come una lepre. In tutta l’osteria regnava alto e profondo silenzio, nè vi era altro lume fuor quello di un lampione appeso in mezzo al portico. Questa maravigliosa quiete e i pensieri nei quali occupavasi il nostro cavaliere intorno agli avvenimenti che incontransi ad ogni passo nei libri, autori di sua disgrazia, lo condussero ad immaginare una delle più strane pazzie che potesse creare mente umana. Si figurò egli di essere giunto ad un famoso castello (giacchè gli parevano castelli tutte le osterie dove alloggiava); che la figlia dell’oste fosse figliuola del castellano, e che vinta dalla gentilezza di lui e perdutamente innamorata, gli avesse promesso di sottrarsi ai suoi genitori e di venire a trovarlo in quella medesima notte. Con tale chimera ch’egli si fabbricava come cosa reale, cominciò ad affliggersi pensando al periglioso cimento in cui dovea trovarsi la sua fedeltà; e fermamente si propose nel suo cuore di non commettere torto alcuno ed offesa alla sua signora Dulcinea del Toboso; tuttochè se gli presentasse dinanzi la stessa regina Ginevra con Chintagnona sua dama. Avendo fitti in pensiero questi spropositi, arrivò il tempo e l’ora (per lui ben disgraziata) in cui sopraggiunse l’Asturiana, la quale con tacito e guardingo passo entrò nel luogo, dove i tre già mentovati se ne stavano a letto, per cercare del suo vetturale. Giunse appena alla porta che don Chisciotte la sentì, e levatosi a sedere sul letto, ad onta dei suoi empiastri e del dolore alle costole, stese le braccia per accogliere la vezzosa donzella. L’Asturiana, che
- ↑ I Morischi prima di essere espulsi dalla Spagna attendevano all’agricoltura, alle arti meccaniche, e soprattutto a condur bestie da soma. I mulattieri dovendo sempre andare vaganti, non erano tenuti a frequentare le chiese, e sottraevansi alla vigilanza dell’Inquisizione.