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120 | don chisciotte. |
avrei mancato al mio migliore divisamento. Egli disingannato ostinossi, e senza essere odiato si diede alla disperazione. Vedete pertanto se sarebbe ragionevole l’incolparmi di quanto egli sofferse. Si dolga chi fu ingannato; si disperi colui che si trovò deluso nelle promesse speranze; mi accusi chi può dire di essere stato sedotto da me; ma nessuno mi dica crudele nè micidiale di un uomo cui nulla ho promesso, che da me non fu mai ingannato, nè ebbe mai accoglimenti e carezze. Non volle finora Iddio rendermi amante per destino, ed io sarò sempre scusata se amar non voglio per elezione. Serva questa lezione di disinganno a tutti coloro che mi vanno sollecitando ad amarli, e sappiano che se alcuno per me avesse a morire, non morrà per colpa di gelosia o di disprezzo; mentre chi non ama veruno non può dar gelosia a veruno, e non debbono i disinganni tenersi in conto di sdegni o di disprezzi. Chi trova in me una fiera, un basilico, un essere pregiudizievole e tristo; chi mi chiama ingrata, non mi serva; non mi segua chi mi tien per crudele; perchè questa crudele, questa sconoscente, questa ingrata, questo basilisco non li chiamerà, non cercherà mai di loro, nè amerà mai d’averli vicino. Che se Grisostomo cadde vittima della sua intolleranza e del suo sconsigliato amore, perchè ho io ad essere incolpata di un procedere che non declinò punto nè poco dalla onestà e dal riguardo? Se io conservo fra queste romite piante la mia purità, qual ragione ha mai di dolersi chi vorrebbe ch’io la perdessi conversando cogli uomini? Io, come sapete, ho ricchezze mie proprie, nè bramo quelle degli altri: libera è la mia condizione, e non voglio rendermi soggetta a chicchessia: non amo, nè odio alcuno; non inganno questo, nè istigo quello; non burlo uno, nè mi do buon tempo con l’altro: l’onesta conversazione con le abitatrici di queste selve, e la custodia delle mie capre formano il soggetto de’ miei passatempi; tra questi dirupi si confinano i miei desiderii, e se da essi si allontanano, nol fanno che per contemplare la bellezza del cielo: cose tutte che guidano l’anima alla felicità cui unicamente anela„.
Nel proferire quest’ultime parole senz’attendere o udire risposta alcuna, volse a tutti le spalle, e si cacciò nel più folto d’una selva alla cima di un monte, lasciando stupidi tutti tanto della saviezza del suo ragionamento quanto della bellezza che l’adornava. Alcuni feriti dagli strali de’ suoi begli occhi mostravano di volerla seguire rifiutando di mettere a profitto quel disinganno che avevano udito; ma don Chisciotte che se ne avvide, sembrandogli che fosse questa un’occasione di mettere in campo la sua cavalleria soccorrendo le donzelle che ne han d’uopo, posta la mano sull’impugnatura della sua spada disse con alta voce e ben intesa da’ circostanti: “Non vi