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capitolo xiii. 105


mio braccio e la mia persona ai cimenti più perigliosi che mi presenti la sorte per soccorrere i deboli, e chiunque cui fia necessario il mio ministerio„.

Uditi tali ragionamenti, finirono di assicurarsi quei passeggeri che don Chisciotte era uscito del senno, e conobbero il genere di follia che lo dominava, di che restarono maravigliati come accadeva a tutti coloro che per la prima volta se ne accorgevano. Vivaldo, come uomo di molto buon senso e faceto, per rallegrare il cammino che ancor rimaneva al sito del mortorio, diede eccitamento ai pazzi discorsi di don Chisciotte, dicendogli: “Sembrami, signor cavaliere errante, che vossignoria siasi dedicata ad una delle più rigorose professioni di tutto il mondo, e sono di avviso che non sia altrettanto stretta quella dei Certosini. — Ben potrebb’essere altrettanto stretta, rispose


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