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104 | don chisciotte. |
questo buon re fu istituito quel famoso ordine di cavalleria, chiamato della Tavola Rotonda1, e vi accaddero, cosa vera, gli amori che si raccontano di don Lancilotto del Lago con la regina Ginevra, dei quali fu consapevole e mezzana quell’ornatissima matrona, chiamata donna Chintagnona. Nacque su tal fondamento quella canzone sì celebre, e cantata sì di frequente nella nostra Spagna:
Non fu al mondo cavaliere |
con quel sì dolce e soave progresso de’ suoi amori e delle sue formidabili imprese. Da allora in qua si andò poi sempre più dilatando quell’ordine di cavalleria per diverse parti del mondo, e in essa si resero celebri e conosciuti per le loro geste il valoroso Amadigi di Gaula con tutti i figli e nipoti suoi fino alla quinta generazione, ed il prode Felismarte d’Ircania, il non mai celebrato abbastanza Tirante il Bianco, e colui che quasi fin a’ giorni nostri abbiamo veduto, trattato ed udito, l’invincibile e valente cavaliere don Belianigi di Grecia. Questo, o signori, è l’essere vero cavaliere errante, questo è l’ordine di cavalleria da me poc’anzi accennato, nella quale, benchè peccatore, ho fatto la professione, e mi esercito allo stesso modo dei cavalieri soprannarrati. Io dunque me ne vado errando per queste solitudini e deserti in traccia di avventure, con deliberato animo di offrire il
- ↑ L’ordine della Tavola Rotonda componevasi di ventiquattro cavalieri presieduti dal re. Potevano appartenervi anche gli stranieri, fra i quali constavasi Orlando con altri paladini di Francia. Fra Diego de Vera, citato poc’anzi, racconta che al tempo del matrimonio di Filippo II colla regina Maria mostravasi ancora in Hunscrit la Tavola Rotonda costrutta da Merlino: ch’essa era composta di venticinque compartimenti le cui punte univano nel centro: in ciascuno di questi compartimenti era scritto il nome del cavaliere a cui era destinato e quello del re: uno poi detto il luogo di Giuda o il seggio pericoloso, restava sempre vôto.
nerà ad occupare il suo trono. Sul suo sepolcro, al dire di don Diego de Vera (Epitome de los imperios), erasi scolpito questo verso: Hic jacet Arturus rex quondam rexque futurus. E Giuliano del Castillo (Historia de los reges godos) riferisce un aneddoto allora popolare, che Filippo II sposando la regina Maria giurasse di restituire il trono al re Arturo se mai risuscitasse a’ suoi giorni. Finalmente il dottore John Bowle nelle note al don Chisciotte riferisce una legge con cui Oelio il Buono re di Galles nel 998 proibì di uccidere corvi sull’altrui terreno: e da questa legge e dalla tradizione che Arturo fosse stato convertito in un corvo, potè nascere la tradizione popolare, che gl’Inglesi si astenessero dall’uccidere questi uccelli per timore di uccidere l’antico loro re.