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capitolo xii. 101


Siccome non si può rivocare in dubbio tutto quello che vi ho narrato, così credo anche pienamente vero quanto riferì il nostro pastore intorno alla causa della morte del nostro Grisostomo. Vi consiglio pertanto, o signore, che non tralasciate d’intervenire dimani a’ suoi funerali, che sarà uno spettacolo singolare, avendo Grisostomo avuti molti amici; nè più di mezzo miglio di qua distante si è il luogo dove sarà sotterrato. — V’interverrò per certo, disse don Chisciotte, e vi ringrazio del diletto che mi procacciaste col racconto di avvenimento tanto curioso. — Eppure, replicò il capraio, io vi confesso di non conoscere nemmanco la metà de’ casi occorsi agli amanti di Marcella; ma potrebb’essere che dimani c’incontrassimo in qualche pastore che per disteso ce li raccontasse; intanto sarà bene che ve n’andiate a riposare al coperto, perchè il dormire a ciel sereno potrebbe inasprirvi la ferita, sebbene la medicina applicatavi sia di tale efficacia da togliere ogni timore di verun sinistro accidente„.

Sancio Panza, che già malediceva in suo cuore la diceria del capraio, eccitò a tutto suo potere il padrone perchè si ritirasse nella capanna di Pietro. Vi si recò don Chisciotte, ma spese la maggior parte della notte nel pensare alla sua signora Dulcinea, imitando gli innamorati di Marcella. Sancio si coricò il meglio che potè tra Ronzinante e il giumento, e dormì non come un amante sventurato, ma come uomo pesto da una furia di battiture.