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capitolo xi. | 93 |
“Tu m’adori, Olalla, ed io mel so, benchè tu non me l’abbi detto, nemmanco cogli occhi, mute lingue degli amori.
“Dachè scorsi che tu m’hai letto nel cuore, io confido che mi ami; però che amor conosciuto non fu mai infelice.
“Vero è bene che tu spesse volte mi desti indizio d’avere alma di bronzo e cuor di macigno nel bianco seno;
“Ma in mezzo alle ripulse ed agli onesti rimprocci, tal fiata anche la speranza mi ha pur mostrato il lembo della sua veste.
“E quindi a te costante si volge la mia fede, la quale nè per austero contegno vien meno, nè per gentilezza piglia baldanza.
“Ma se amore è cortesia, da quella che tu mi mostri io argomento quale debba essere il fine delle mie speranze:
“E se mai servitù può render benevolo un cuore, quella ch’io ti presto avvalora la mia fiducia.
“Tu per certo vedendomi ti sarai accorta ch’io nei dì del lavoro spesse volte m’indosso l’abito della festa;
“Perocchè sapendo che Amore e Gala vanno per uno stesso cammino, io ho voluto sempre apparirti pomposamente vestito.
“Taccio le danze fatte per te, e le canzoni che tu mi sentisti cantar la mattina quando cantano i galli.
“Taccio con quante lodi io celebrai la tua bellezza; le quali comunque veraci pur m’attiraron lo sdegno di alcune altre fanciulle.
“E la Teresa del Berocal un giorno mentr’io ti lodava mi disse: Tal pensa adorare un angelo e adora invece una scimmia,
“Illuso dai molti giojelli, dalle chiome posticce e da mentite bellezze che ingannano lo stesso Amore.
“Io la chiamai mentitrice; ed ella se ne adontò. Suo cugino levossi a difenderla, e già sai quello che l’uno e l’altro facemmo.
“Nè l’amor ch’io ti porto è spensierato, nè io t’amo con perversa intenzione.
“La Chiesa ha serici nodi da legar l’anime: piega il tuo collo a quel giogo, e vedrai s’io son presto a sottomettervi il mio.
“Ma se tu ricusi, io giuro pel mio santo benedetto di non uscir più di queste montagne se non per rendermi cappuccino„.
Così terminò il capraio il suo canto, e quantunque don Chisciotte lo pregasse di continuare, nol consentì Sancio Panza come colui che aveva molto maggior voglia di dormire che di ascoltare canzoni. Disse perciò al suo padrone: “Oramai converrà che la signoria vostra stabilisca dove intende di passar questa notte, perchè il lavoro a cui queste buone genti attendono tutto il giorno, non permette loro di passar la sera fra i canti. — Ah, ah, t’intendo, rispose don Chisciotte, e mi