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don chisciotte. capitolo xi. 89

scodella di corno. Vedendolo stare così ritto ritto, il padrone gli disse: “Perchè tu conosca, o Sancio, il bene che in sè racchiude la cavalleria, e quanto tutti coloro che si esercitano in questo ministero possano sperare di essere prestamente onorati e stimati nel mondo, voglio che tu segga qui al fianco mio e in compagnia di questa buona gente, facendoti una stessa cosa con me, che sono il tuo padrone e il natural tuo signore; e che mangi nel mio piatto e beva nel mio bicchiere; perchè si può dire della cavalleria errante ciò che dell’amore, che adegua ogni diseguaglianza.... — Gran mercè! disse Sancio: ma io dichiaro a vossignoria, che dove trovassi da mangiare a mio gusto io mangerei assai meglio in piedi e da me solo, che seduto a lato di un imperatore: anzi per dire la verità, mi sa molto meglio quello che mangio in un cantuccio della mia casa senza tante smorfie e tanti riguardi, fosse anche soltanto pane e cipolla, che i galli d’India di altre tavole, dove bisogna masticar adagio, bever poco, pulirsi spesso, non istarnutire nè tossire se ne vien voglia, nè far altre cose lecite nella solitudine e nella libertà. Perciò, signor mio, questi onori che da vossignoria mi vengono impartiti per essere suo ministro e attinente alla cavalleria errante, e per essere suo scudiere, li tramuti in altre cose di mio maggior bisogno e profitto; chè questi, benchè s’intendano da me come ricevuti, li rinunzio da oggi sino alla fine del mondo. — Contuttociò devi sederti, disse don Chisciotte, perchè chi si umilia viene da Dio Signore esaltato„; e presolo per un braccio l’obbligò a stargli a lato per forza.

Non giugneano i caprai ad intendere quel gergo di scudieri e cavalieri erranti; però mangiavano e tacevano tenendo gli occhi sui loro convitati, i quali con molta disinvoltura ingozzavano bocconi grossi come un pugno. Dopo mangiata la capra si pose in tavola una grande quantità di ghiande abbrustolite, e con esse una mezza forma di cacio più duro di un pezzo di smalto. Non istava frattanto oziosa la scodella di corno, ma andava attorno or vuota or piena, come la secchia che girando sulla rotella trae l’acqua dal pozzo, di modo che ben presto fu vuotato uno dei fiaschi che erano in mostra. Dopo che don Chisciotte ebbe il ventre bene pasciuto, prese una manata di ghiande, e guardandole attentamente, così si fece a dire: “Età fortunata, secoli avventurosi quelli che furon chiamati dagli antichi secoli d’oro! e non già perchè quell’oro, tanto stimato da questa nostra età di ferro, si conquistasse allora con minor fatica, ma perchè da quelli che viveano allora ignoravansi le due parole Tuo e Mio. Comuni a tutti erano le cose in quella età innocentissima; nessuno avea d’uopo per alimentarsi se non se di alzare la mano e di cogliere dalle


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