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possono rimanere indifferenti dinanzi a tanto risveglio, a tanto spasimo d’amore, a tanta festa dell’universa natura e salutano con allegria la venuta del maggio. Fino ai giorni nostri, comitive di rusticani trovatori nell’ultimo d’aprile si mettevano in giro per la campagna e, sostando di casa in casa, recavano ai buoni villici con canto e suoni la lieta novella.

Al loro apparire i fanciulli, i vecchi e le belle forosette si affacciavano alla loggia, circondavano la comitiva, che faceva far loro delle matte risate, avendo per tutti una stroffetta spiritosa da cantare. Alla fine veniva ad essi offerto un bicchier di vino e venivano regalati d’uova o di caciottelle, onde ai ritorno buona quantità ne avevano radunate.

Ecco una cantata del maggio, quale raccolsi dalla bocca dell’ex contadino di Morrovalle, che mi dettò il canto dei mesi. Essa è un po’ grossolana, ma i lettori compatiranno se non mi è riuscito trovarne una migliore.

 All’improvviso arriva un cantarino,
Prende licenza e si mette a cantare,
Prende licenza dal capo maggiore,
Se in questo loco ci si po’ cantare;
Se ce se po’ canta’ noi ci cantamo,
E se no, patrone, in pace ce ne andamo

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  1. Se si trovano a cantare nell’ultimo d’aprile sostituiscono a questa non brutta strofa, la seguente:

    Scusi’ lor signori, Che ve veniamo a incomodare:
    Questa è l’ultimn d’aprile:
    Ecco maggio sta per venire.


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