Rimase tutto lieto, e consolato
Il giovane à le sue parole intento;
E come spirto ella gli havesse dato,
Riprese insieme forza, ardimento.
Et in tal guisa à i Proci fu tornato,
Ove Femio toccando il suo istrumento
Formava accenti graui, e note rare,
E quei stavano intenti ad ascoltare.
Cantava Femio le diverse offese,
Che Pallade sdegnata à Greci feo,
Mentre tornaro al lor natio paese,
E ben lo seppe Aiace l’Oileo.
Penelope di sopra il canto intese,
E scese in sala e comd v’attendeo.,
Pregò colui quanti son carnal diletti.
Non pote far che con ardito core,
Posti da parte álbor tutti i rispetti,
Non parlasse Telemaco, che disse
Parole degne di figlinol d’Ulisse.
Voi disse,ch’ogni giorno dimandate
Per mogliera mia madre, e sotto tale
Pretesto i nostri beni consumate,
Che d’altrui danno non vv’incresce,ò cale:
Per questa notte d nostra voglia fate
Quel,che vi piace,ò che sia bene, ò male.
Che nel giorno seguente io vi prometto
Ch’io non vi voglio hauer punto rispetto.
Vo chiamar il consiglio, e voglio dire,
Si come è giusta, e convenevol cosa;
Che v’habbiate del tutto à dipartire
De la mia casa afflitta, e dolorosa;
E che vi procuriate di nutrire
Del nostro, poi che consumata, erosa
La facultà m’haveteà quasi tutta,
Che fu dal padre, et avi miei costrutta.