E forse ancor me Stesso finalmente
Consumeranno, e smembreranno un giorno.
Pallade,che gran duol di queslo sente,
Certo dice hai bisogno del ritorno
D’Vlisse, il qual saria solo possente
Di levar questo danno, e questo scorno
E questa temeraria empia licenza
Subito nel mostrar la sua presenza.
Ch’io l’ho veduto, e conosciuto tale,
Che sperar non si può minor effetto.
Ma tal cura haverà Giove immortale,
Il cui secreto è nel suo santo petto
Hor m’ascolta, che quanto puote, e vale,
(che puote, e vale assai) nostro intelletto,
Io ti darò con se, figlio un consiglio,
Che buon sarà, se tu vi dai di piglio.
Chiedi à i Prencipi Greci il dì seguente
Vna gratia honestissima, e l’havrai,
Che questa temeraria avara gente
Faccian sgombrar de la tua casa homai.
E se tua madre havesse nella mente
Di maritarsi, ch’io no’l credo mai,
Vada à casa del padre, ch’è signore
Ricco, e fu sempre cavalier d’honore.
E ciascun, che la vuol, la chieggia’à lui;
Ch’à lui si fatto officio,si conviene:
Et egli à lei de’ larghi beni sui:
Farà la dote à Strette mani, ò piene:
E cosi lascieran la roba altrui,
Eleuaranti di molesie, e pene.
Poi ch’ottenuta tal dimanda havrai,
Un’altra cosa figlio anco farai.
Vo, ch’in ordine metti un tuo legnetto
Di quanto al navigar bisogno sia,
E che te’n vadi à ritrovar l’aspetto
Di Nestore per breve, e dritta via.
E dimanda del padre à quel perfetto
Vecchio, ch’egli potrà dartene spia:
Poi vanne à Menelao, ch’ultimo fue
A’ ritornar à le contrade sue.
E se tu intenderai de la sua vita,
E parimente del ritorno ancora;
Sia da te la tristezza dipartita,
Che ti travaglia, e ti consuma ogni hora,
Ma s’udirai, ch’ei l’habbia homai finita
Fa che tornato ne la patria, alhora
Gli facci quelle essequie, e quell’honore,
Che si convien à un tanto genitore.
E se questi, che vogliono ottenere
La tua honorata madre per consorte
Verran di nuouo à farti dispiacere
Ne le tue case, ò non aprir le porte
Ò con inganni, come egli è douere,
Tenta di gastigarli, e dar lor morte.
Ma che’l facci scoverto, over con arti
Homai non dei fanciul più dimostrarti .
Non odi tu, si come vien lodato
L’ardito Oreste, che la vita tolse
A colui, che di vita havea privato
Il suo gran padre, e come à tempo il colse
Ate conviene ancor mostrarti grato
Al tuo, cui di ben far giamai non dolse:
E cercar d’acquistarti alcuna loda,
Acciò il tuo nome in tutta Grecia s’oda,
Ma ben ti torno à dir quel, ch’io dicea,
Ch’io stimo, ch’ei sia vivo, e mi diletta:
Ma tempo è, ch’io ritorni à la Galça,
Che forse troppo d lungo ella m’aspetta:
Fra tanto ti conforta, e ti ricrea,
Et il mio buon consiglio adempi in fretta:
Et haggi cura di te Steffo, poi
Ch’altro non è, ch’attenda à beni tuoi.
La Dea ringratia il buon figliuol d’Ulisse,
Non sapendo, che Dea fosse altrimente
E pur volea, che pria che fi partisse
Accettasse un leggiadro suo presente.
Che tornerebbe un’altra volta, disse
Pallade, e ne farebbe pārimente
Un’altro à lui, che non saria men degno,
E finse al fin di ritornarsi al legno.