Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
70 | il signore che pranza in trattoria |
garo sia abbastanza bruciato. Ripone la scatola dei cerini. Prende il sigaro. Da prima va bene. Spegne la candela e fuma. Il fumo gli va nell’occhio sinistro che chiudesi, lacrimando.
Fa cenno, con la mano, al cameriere che passa, e lo prega di fargli il conto. Intanto il sigaro non tira. Cerca dove è rotto. Trovato il punto, fa la medicatura, stracciando dal giornale un pezzetto di carta, e con la saliva accomoda la rottura.
Arriva il cameriere col conto. Osserva la nota, che gli sembra esagerata, e sembra dire al cameriere che ha mangiato assai male e che in questo locale non ci verrà mai più. Cava il portafogli. Estrae un biglietto da dieci lire: lo guarda contro luce, poi lo butta sulla tavola. Guarda il resto: prende un biglietto da cinque lire e lo mette nel portafogli che rintasca. Prende il piattino e rovescia il resto in tasca. Poi versa solennemente, uno a uno, otto soldi di mancia nel piattino, contandoli.
Stacca il pastrano con assai stento e se lo infila con difficoltà. Colpetto sapiente per alzare il bavero del paletot e abbassare quello dell’abito.
Prende il cappello.