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66 | il signore che pranza in trattoria |
qualche lieve atto di dispetto, nel vederli tutti ingombri.
Finalmente, trova il fatto suo: ma l’attaccapanni, al solito, è troppo alto e per appendere il cappello è costretto a rizzarsi sulle punte dei piedi. Respira.
Si ficca il bastone tra i ginocchi, e si cava il pastrano, con un po’ di sforzo, come se incontrasse difficoltà a sfilar le maniche.
Regge il paltò con una mano e con l’altra finge appoggiare il bastone a un angolo di muro. Il bastone casca. Lo raccatta, sbuffando un po’, si volta e sembra infilarlo nella spalliera d’una seggiola. Poi spolvera le falde del pastrano con la mano rimasta libera e lo appende, dopo aver cercato con gli occhi, a un altro attaccapanni, facendo cascare il cappello d’un avventore. Lo raccoglie, lo ripulisce con la manica, chiedendo scusa e lo rimette al posto.
Si leva i guanti, sbottonandoli nervosamente, e li butta sulla tavola: poi li rassetta, uno sull’altro, stirandoli leggermente.
Intanto saluta con la mano i conoscenti, infiggendosi la ciambella nell’occhio.
Siede e batte.