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106 l’arte di farsi fotografare

di luna. In capo a un mese, il bacillo archeologico ha fatto progressi spaventevoli. Le guance del malato prendono una tinta Gregorovius, e sente sopra lo stomaco le terme di Caracalla. La malattia fa il suo Corso, anzi, la sua via Appia: e il malato è ridotto a frequentare il palazzo dei Cesari, località pericolosa assai per il cervello umano, poichè è necessario tutto ricostrurre con la fantasia, anche ciò che non è mai esistito. Ricordo un cicerone coscienzioso che diceva a certi inglesi:

— Vedono lì quel magnifico monumento che non c’è? Quello è il monumento di Vespasiano.

Un giorno, mentre giravo per la domus aurea, che non esiste, vidi una signora solitaria la quale ascendeva la scalinata ciclopica della Rocca d’Evandro. Era lei! una lei che non mi conosceva affatto, ma che io adoravo ugualmente. Non era bella, ma d’una eleganza suprema. Un paio d’occhi.... un paio d’orecchi.... un paio di vite.... no, una sola, ma che vita! per quella vita avrei dato la mia.

Ella non mi vide, perchè nascosto die-