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tici la primitiva rapacità. Evvi dirimpetto un altro sito non men pericoloso, nominato Scilla, ch’è uno scoglio, nè di cui fianchi urtando i flutti, sentonsi degli urli e delle grida spaventevoli. Questi due luoghi vorticosi sono così vicini tra loro che bisogna navigare per mezzo a dirittura, per non correr rischio di urtar in uno di essi, allorché si andasse lontano dall’altro. Omero suppone che questa voragine assorbisce i flutti tre volte al giorno, ed altrettante volte li ributta con orribili muggiti.
Caronte, figlio dell’Erebo e della Notte. Il suo uffizio era quello di trasportare al di là dello Stige e dell’Acheronte le anime de’ morti in un battello angusto e di color funebre. Siccom’era egli un vecchio imparziale ed avaro, non vi riceveva che coloro i quali avevano avuto la sepoltura, e che gli davano una moneta per nolo. Le anime di coloro, i quali erano stati privati degli onori della sepoltura, erravano per lo spazio di cento anni sulle sponde dello Stige, senzachè egli si commovesse alle replicate preghiere ch’elleno gli facevano per passare. Niun uomo vivente poteva entrare nel di lui battello, a meno che un ramuscello di oro, consagrato a Prosperina, non gli servisse di salvo-condotto. Fu d’uopo che la Sibilla ne donasse uno al pio Enea allorché volle penetrare nel regno di Plutone. I poeti han dipinto Caronte come un vecchio vigoroso, i cui occhi son vivaci è severi; la barba bianca ed increspata; coverto di un mantello lacero di color atro, ed imbrattato del fango de’ fiumi dell’Inferno. Le vele della sua barca sono di colore oscuro, ed una pertica è il remo.
Nota 27. - fig. 16