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po; col capo cinto di vivi serpenti, cogli occhi infuocati, con lo sguardo spaventevole, correvano qui e là, facendo rimbombar’aria de’ loro urli, e dello strepito de’ loro barbarici strumenti, gridando Evohè; minacciando, e percuotendo gli spettatori; formando delle danze, che consistevano in salti irregolari e convulsivi; lacerando de’ torelli e mangiandone le carni, crude. Andavano a celebrareq uesti odiosi misteri sui monti Citera, Ismaro, Rodope, luoghi ove Bacco era particolarmente onorato.

Negli antichi monumenti pervenuti a nostri tempi, vcdonsi le Baccanti coverte di pelli di tigri, poste in guisa di ciarpe, agitando in aria delle fiaccole accese, pazzeggiando e saltellando al suono di cembali ( ovvero nacchere ), di tamburi, e di clarinetti; accompagnate da uomini travestiti da satiri, e che tirano dietro ad essi de’ caproni ornati di ghirlande e destinati per li sagrifizj. Vi si vede Pan col suo flauto campestre trascinato dai Silvani. Vi si osserva altresì Sileno mezzo ubbriaco, e la di cui testa oppressa dal vino vacilla; assiso talora sopra un asino, sul quale incurvato sostiensj a stento, ed alle volte camminando a piedi appoggiato ad un bastone o tirso, sempre circondato da Baccanti e da Fauni, che lo sostengono, per timore ch’egli non cada. Nota 22. — fig. 13.

Bacco, figlio di Giove e di Semele. Ve ne sono degli altri, che contansi sino a cinque; ma il più famoso è quello di Tebe. La gelosa Giunone, presa un giorno la forma di una vecchia di Epidauro nominata Beroe, e portatasi a visitar Semele, ch’ella sapeva di esser amata da Giove, le insinuò di ottener dal suo aman-