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zi la barbara curiosità di guardare ad occhi asciutti il cadavere dello sgraziato amante nell’atto della funebre pompa. Venere sdegnata di tanta durezza di cuore, la cangiò in pietra.
Anceo, figlio di Nettuno, re di Arcadia; fu uno degli Argonauti. Nel suo ritorno dalla Colchide, si applicò a far fiorire nel suo paese l’agricoltura; ma perchè un giorno maltrattò e pressò con molta insistenza i suoi vignajuoli, mentre piantavasi la vigna, uno di essi gli predisse che non avrebbe bevuto affatto del vino di quella vigna. Anceo beffossi di tal predizione. Maturato dipoi il frutto, fece portarne nel torchio per berne alla presenza del vignaiuolo; ma nell’atto ch’egli stava avvicinando alle sue labbra una coppa piena di quel novello vino, gli si diè l’avviso, che un cinghiale era entrato nella sua vigna e la devastava. Subito egli depose la coppa per accorrere al cinghiale, da cui con un colpo di grugno fu ammazzato. Questa avventura diede luogo a quel proverbio greco, tradotto in latino: multum interest inter os et offam: vi è gran distanza tra la bocca ed il pezzo di pane.
Anchise, principe Trojano della famiglia di Priamo, era figlio di Capys e di una ninfa. Piacque cotanto a Venere che, per palesargli la sua passione, gli apparve sotto la figura di una ninfa vezzosa, e lo pressò di presentarla a suoi congiunti per accelerare la cerimonia delle nozze, che furono effettuate segretamente. Dopo che questa ninfa lo abbandonò, essendosi egli accorto ch’ella non era una mortale, temè che la sua unione con lei non fosse cagione di abbreviargli i suoi gior-