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ne, dinotando con ciò ch’essi dovevano la loro nascita ad un uomo ripieno di valore; ritiraronsi in Etiopia, ed ogni anno nella ricorrenza di quel giorno, andavano a visitare la tomba del loro padre. Quest’onore non bastò a calmare il dolore dell’Aurora, e d’allora in poi non ha cessato di versare in ciascun giorno delle lagrime, dalle quali fermasi la rugiada che cade in sul mattino.
Osservavasi a Tebe una statua di Memnone, ch’era molto sorprendente. Allorchè i raggi del Sole la percuotevano, emetteva un suono armonioso. Cambise, volendo comprendere questo mistero, ch’egli credeva un magico effetto, fece rompere questa statua dalla testa sino alla metà del corpo; e ciò non ostante la parte rovesciata continuò a rendere il suono medesimo. Credesi che questa statua rinchiudesse una specie di gravicembalo, le cui corde rallentate dalla umidità della notte, rendevansi tese al calor del Sole, e rompevansi con un frastuono come se fossero corde da viola. I sacerdoti vi avevano forse situato qualche molla, ch’essi facevano agire a lor piacere. Fig. 63.
Meneceo, figliuolo di Creonte, re di Tebe. Tiresia dichiarò a Creonte, a nome degli Deî, che, se voleva salvar Tebe assediata dagli Argivi, bisognava che Meneceo perisse. Creonte volle almeno sapere su qual fondamento gli Dei domandassero il sangue di suo figlio, ed intese che la morte dell’antico dragone consagrato a Marte ed ucciso da Cadmo, n’era la cagione. Il Dio voleva vendicare la sua morte col sangue di un principe uscito da’ denti del dragone. Meneceo era l’ultimo di questa schiatta; egli non era maritato; in una paro-