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avevano che un sol’occhio, ed un dente di cui servivansi a vicenda; ma questo dente era più lungo delle zanne de’ più forti cinghiali; le loro mani erano di bronzo e le loro teste angui-crinite. Coi soli sguardi uccidevano gli uomini o almeno li pietrificavano. Avevano ne’ piedi e nelle mani gli artigli di leone. Siccome desolavano la campagna ed incrudelivano contro tutt’i passagieri, Perseo le uccise e troncò la testa a Medusa, che fu attaccata alla egida di Giove per renderla più terribile. Virgilio dice che dopo la disfatta di Medusa, andarono ad abitare presso le porte dell’inferno insieme con i Centauri, con le Arpie, e con tutt’i mostri della Favola. Diodoro attesta ch’esse furono spesso in guerra con le Amazoni; ch’erano governate da Medusa loro regina al tempo di Perseo, e che furono interamente distrutte da Ercole.

Grazie, figlie di Giove c di Venere, secondo altri di Eurinome, e secondo la più comune opinione di Bacco e di Venere. Erano tre, Egle Talia ed Eufrosine. Il loro potere estendevasi a tutti i piaceri della vita. Dispensavano agli uomini, non solamente la buona grazia, la gajezza, la equabilità degl’umori, la facilità delle maniere, e tutte le qualità che rendono aggradevole la vita, ma altresì la libertà, la eloquenza, la saviezza. Avevano de’ tempj a Elide, a Delfo, a Perge, a Perinto, a Bizanzio, e ben presto il di loro culto si estese in tutta la Grecia. Si osservavano dappertutto delle figure, delle statue, delle iscrizioni e delle medaglie che ad esse riferivansi. Si rappresentavano a guisa di ninfe giovani coverte di un sottil velo e talora affatto