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figlia di Aeta, che regnava nella Colchide. I primi anni di questo matrimonio furono felici, ma Aete che invidiava le ricchezze di suo genero, lo fece morire per impadronirsene.

Furie, Divinità infernali, ministre della vendetta degli Dei contro gli scellerati, ed esecutrici delle sentenze de’ giudici dell’Inferno. Il loro nome è preso dal furore che inspirano, e col quale infrociscono contro i colpevoli. Erano figlie della Discordia, ovvero della Notte e dell’Acheronte. Se ne contano tre, Tesifone, Megera ed Aletto. Incutevano lo spavento nell’animo de’ malvagj, anche in vita; li tormentavano con rimorsi strazianti, e cou visioni terribili, le quali li gittavano nel più tetro smarrimento, che spesso non terminava che colla loro vita. Venivano incaricate dagli Dei di castigare gli uomini colle malattie, colla guerra e con gli altri flagelli dello sdegno celeste. Rappresentansi con un viso severo e con un’aria minaccevole, con la bocca spalancata, coverte di vesti nere ed insanguinate, con le ale simili a quelle della nottola, con serpenti attortigliati intorno alla testa; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile formato anche di serpenti nell’altra. Il Terrore, la Rabbia, il Pallore, la Morte formano il loro corteggio. Assise intorno al trono di Plutone attendevano i suoi cenni con una impazienza, che manifestava il loro furore. In un’antica pittura etrusca vedesi una Furia, che tiene un serpente, ed un ferro puntito, col quale percuote un reo in atto di alzar le sue mani supplichevoli verso il Cielo: un’altra Furia sta innanzi a lui in atto di bruciarlo con una fiaccola, che tiene in mano. Nota 55. fig. 35.