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uno strumento, che toccavasi con l’archetto; e perchè Ercole un giorno stonava, Lino lo riprese con qualche severità; ciò che l’indocile giovinetto non potendo tollerare, scagliò sulla testa del maestro lo stesso strumento e l’uccise. Divenne di una statura straordinaria, e di una forza di corpo incredibile, ed era un gran mangione. Un giorno mentre viaggiava, spinto dalla fame, dimandò viveri ad un bifolco, che guidava un carro; e non avendo costui cosa dargli, Ercole distaccò uno de’ buoi dal carro, lo immolò agli Dei, e lo mangiò. Il vaso, di cui ordinariamente servivasi per bere, era così grande che bisognava portarsi da due uomini, ma egli nell’atto che beveva, lo teneva con una sola mano.
Giunone, non potendo determinarsi a lasciarlo godere del suo destino, suscitò contro lui suo fratello Euristeo. Questi gl’impose alcune imprese molto pericolose, credendo di dovervi soccombere; Ercole però le superò con gloria. Desse son dette le dodici fatiche di Ercole.
La prima fu il combattimento contro lo smisurato leone della foresta Nemea, che fu da lui strozzato, e della cui pelle d’allora in poi andò sempre coverto.
La seconda fu contro la spaventevole Idra del lago di Lerna, serpente mostruoso a più teste, le quali rinascevano a misura che recidevansi. Ercole uccise l’Idra, e il cancro marino inviato da Giunone contro lui nell’atto del combattimento, e da cui fu morsicato nel piede.
La terza impresa fu contro il cinghiale di Erimanto, che dava il guasto al paese di Arcadia. Ercole lo prese vivo. Euristeo suo fratello, vedendolo portar questo cinghiale sulle spalle, fu sorpreso da così grande spavento che andò a nascondersi sotto un tino di rame.